quelli che chiami incentivi, non sono nient'altro che l'equiparazione dei diritti dei padri a quelli delle madri, che mi sembra un provvedimento assolutamente sensato; quanto alla disoccupazione, non dovrebbe proprio entrare nel calcolo: se stipendi e possibilita' di carriera sono uguali, uguale e' la possibilita' di avere o non avere il lavoro (al netto del fatto che la disoccupazione va combattuta, ovviamente)
Alti livelli di disoccupazione -> Offerta di lavoro bassa, domanda alta. Quindi con alti livelli di disoccupazione, a fronte di un numero enorme di candidati: il datore di lavoro puo' basare la scelta del candidato basandosi su piccolissimi dettagli, come la non possibilità che tra 1-10 anni quel candidato non sia in grado di rendere al 100% per 9 mesi.
I SHOULD TELL YOU SOMETHING NEW:
don't want you here.
vedi che se allarghi le indennita' della madre anche al padre, improvvisamente questo parametro sparisce? perche' una donna incinta non e' impedita o che altro, e' semplicemente incinta, che e' uno stato, non una malattia; chiedi a una qualunque libera professionista diventata madre, se si e' potuta permettere di non rendere al 100% per nove mesi e senti cosa ti risponde
Spesso le dipendenti, con l'aiuto di medici compiacenti, ottengono rapidamente la "maternità a rischio", allontanandosi dal lavoro per un periodo che varia dai 4 ai 6 mesi.
E questa assenza è un problema sia per il dirigente, sia per i colleghi ( sotto organico che devono effettuare anche il lavoro della donna incinta ).
Probabilmente, la causa di queste "scelte" maschiliste da parte dei dirigenti, è da ricercare nelle colleghe donne, invece che nella sfera maschile.
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Se la tua ragazza non te la da, tu non prendertela
che ci sia chi bara, vale in qualunque situazione, ma non e' una buona ragione per penalizzare tutti gli altri; se ci sono dubbi, aumentiamo i controlli e puniamo i colpevoli (interessate e medici compiacenti), ma stiamo comunque parlando di una minoranza che esiste in ogni fascia di lavoratori (tutti noi abbiamo o abbiamo avuto il collega che per ogni piccolezza e' in malattia o va in infortunio aprendo il mobiletto nello spogliatoio!) e che non deve incidere sulle decisioni globali che si prendono (solo sul miglioramento della sicurezza sul lavoro e sull'inasprimento dei controlli del caso!)
cosi' per la cronaca, io sarei molto severa con i medici che emettono certificazioni fraudolente, di qualunque genere: trovo penalizzi gravemente chi invece il bisogno ce l'ha davvero
Purtroppo non sono io a dire che le donne quando entrano in gravidanza restano ALMENO 3 mesi a casa, ma lo dicono i fatti ( tranne quelle donne, che, come facevi notare tu, da "libere professioniste", se non lavorano non portano soldi a casa ), ed è grazie a questo comportamento che i datori di lavoro, preferiscono, in tempi di "abbondanza di braccia in cerca di lavoro" affidare il lavoro a chi non resta mesi a casa.
Che ci siano "lavativi" anche tra i maschi è certo, ma questi grazie alle leggi attualmente in vigore, possono esser licenziati facilmente ( a meno che l'azienda non abbia un sindacato interno e/o non sia un posto "statale" ).
Mi trovi daccordo sull'esser severo con i medici che emettono certificazioni fraudolente, e purtroppo spesso loro ne sono anche "vittime", per evitare "problemi" qualora, la donna in stato interessante, possa pretendere qualcosa per la "negligenza" del medico.
L'abuso, in ogni contesto, crea ENORMI problemi.
- Il datore di lavoro che assume solo uomini, PENALIZZA le donne
- Le donne che col posto fisso una volta gravide si mettono a casa anche per 6-7 mesi, PENALIZZANDO le colleghe/i ed eventuali donne in cerca di lavoro
- La legge che "spera" di risolvere i problemi con le QUOTE, ma che in realtà crea una discriminazione riservando una percentuale FISSA ad una categoria e riducendo le possibilità di assunzione a coloro che non rientrano in alcuna categoria
La soluzione potrebbe essere l'onestà, ma a quanto pare, risiede in una piccolissima percentuale di esseri umani, la stragrande maggioranza pensa di dover avere più diritti del prossimo.
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Se la tua ragazza non te la da, tu non prendertela
again: se il diritto di restare a casa e' equamente retribuito e le paghe/posizioni equamente divise, nulla vieta che la lancetta della bilancia si sposti; e' un circolo vizioso ed e' - a mio avviso - solo una scusa dire che il problema e' il posto di lavoro che potrebbe rimanere sguarnito per tot mesi; una mia amica in francia, di lavoro faceva sostituzioni: lavorava per un'agenzia interinale, che non e' un surrogato dell'ufficio collocamento come qua, ma fornisce lavoratori momentanei, che si tratti di coprire un giorno o un anno e tutto questo senza tante manfrine e colpevolizzazioni assortite
possoamo accampare tutte le scuse che vogliamo e cercare tutti i colpevoli che vogliamo, ma la verita' e' che pretendiamo di andare in pensione presto, ma non siamo disposti a crescere una generazione che quelle pensioni ce le possa pagare, ci lamentiamo che si fanno sempre meno figli, ma facciamo il possibile per non mettere in condizione le coppie di avere figli, possibilmente facendo sentire in colpa la futura madre
siamo parecchio ipocriti, a mio avviso, perche' [loop] se altrove ci riescono, non c'e' davvero ragione perche' non lo si possa fare anche in italia [/loop]
dubito ci sia altro che posso aggiungere sull'argomento, visto che piu' o meno tutte le obiezioni sollevate finora sono risolvibili con gli stessi quattro accorgimenti in croce, basta volerlo
Una donna che va in maternità non è un costo per l'azienda in quanto pagata dall'INPS (anticipa azienda e poi ottiene il rimborso), ora, se l'azienda ha un minimo di programmazione, basta provvedere per tempo per una sostituta, darle un 15/30 giorni per apprendere e poi il lavoro va avanti come prima.
Non ci vedo tutta questa penalizzazione se non nelle menti dei datori di lavoro con poca organizzazione.
Purtroppo ce ne sono molti ed ecco che torniamo al punto di partenza
Mi chiedo, caro Alberto, se questo antifascismo rabbioso che viene sfogato nelle piazze oggi a fascismo finito, non sia in fondo un’arma di distrazione che la classe dominante usa su studenti e lavoratori per vincolare il dissenso.