«I ragazzi devono avere più tempo libero». Impegnati per 10 ore e mezzo la settimana


ROMA — L’idea gli è venuta pochi giorni fa, quando ha ricevuto gli studenti italiani che hanno vinto le olimpiadi di matematica: «Nessuno di loro— racconta il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni — è Archimede Pitagorico. Sono ragazzi normali, hanno la fidanzata, giocano a pallone. Mi hanno spiegato che di mattina a scuola imparavano le teorie e il pomeriggio a casa si divertivano ad applicarle a giochi, rebus, invenzioni ».

Giochi, invenzioni, pallone, fidanzate: altro che quelle valanghe di esercizi e regolette da mandare a memoria che allietano le giornate dei nostri ragazzi (e spesso anche dei loro genitori). L’idea, quindi: «Credo che i compiti—spiega il ministro al programma de La7 In Breve — dovrebbero essere svolti prevalentemente in classe in modo che a casa i ragazzi, il pomeriggio, possano interessarsi agli elementi che inducono loro curiosità».

Per questo Fioroni annuncia la creazione in tempi stretti di un «gruppo di lavoro». Un comitato di esperti che studi la questione e «rifletta attentamente sull’ipotesi di dare indicazioni e possibilmente anche risorse per favorire tempo pieno e prolungato». Magari più tempo a scuola, insomma, ma una volta suonata la campanella libri e quaderni chiusi. Il ministero non potrà «ordinare» di ridurre il carico di lavoro: il principio dell’autonomia scolastica fa sì che ogni istituto possa decidere come regolarsi. Ma la questione, adesso, è sul tappeto.

Del resto il confronto con gli altri Paesi fa riflettere: in Italia si studia a casa dieci ore e mezza la settimana, quasi il doppio della media Ocse. Perché? Il pedagogista Franco Frabboni — preside della facoltà di Scienza della formazione dell’Università di Bologna — chiama in causa i programmi: «Da noi gli insegnanti pensano solo ad arrivare alla fine del libro di testo. Si trasformano in sacerdoti che devono assicurare il culto del programma.

E allora pur di arrivare all’ultima pagina appioppano masse insostenibili di lavori a casa». Quello della lunghezza dei programmi è un altro record italiano. Più di una volta il professor Frabboni ha fatto parte delle commissioni chiamate a rivederli. «Si comincia sempre con l’intenzione di sfoltirli — racconta — ma poi per ogni materia entrano in gioco le lobby. Avere un programma più snello significa avere meno prestigio, meno ore di insegnamento e quindi meno cattedre, meno di posti di lavoro. E alla fine nessuno sposta una virgola».

Le resistenze, però, sono anche altre. Nel 2000 Salvatore Li Puma, preside della scuola elementare De Amicis di Palermo, chiese ai suoi maestri di non dare più compiti: «Protestarono quasi tutti i genitori. Dicevano che il pomeriggio i figli si piazzavano davanti alla tv a mangiare patatine». L’anno dopo il professor Li Puma ha cambiato scuola. «Hanno vinto loro. Spero che a Fioroni vada meglio».

L. Sal.
22 ottobre 2006





Allora, un paio di riflessioni.
In primis, sull'attualità dei nostri ministri. Hanno più o meno mezzo secolo che li distanzia dall'argomento che dovrebbero patrocinare. La mentalità é ferma, ed il fatto che per mettere in evidenza determinate situazioni si debbano per forza vincere dei concorsi, mica da poco tra l'altro, é inconcepibile.
Ovvero: tu, ministro, dovresti occuparti dei miei problemi e non ne sei al corrente? Sono io studente che devo venirti a mostrare la situazione italiana o a rigor di logica sei te, pagato anche bene, che devi informarti?

Sorvolando sulla caduta dalle nuvole circa il conciliare la bravura a scuola ed una vita sociale, anche questo demenziale, sembra buona l'idea di creare un "gruppo di lavoro", un organismo che studi la situazione (Minchia! Che avanguardia! Un ministro dell'istruzione, che si interessa lontanamente alla scuola!).
Non vengono spiegate le modalità, ma almeno si spera che il risultato sia un minimo decente: non concentriamo 80 ispettori sulle scuole private e 20 sui licei seri.

Si passa alla statistica media. In Italia si studiano dieci ore a casa la settimana.
Interessantissimo!
Quello che non viene detto però é, studiando dieci ore alla settimana in un liceo, qual é la media dei voti? Onestamente, mi sembra che quel tempo sia pochino per ottenere dei voti un attimo sopra la striminzita sufficienza.

Giusta poi la riflessione sui programmi, spaventosa la costatazione sulle lobby.
Fatemi capire, c'é un problema EVIDENTE che viene ammesso senza problemi, e non si fa nulla per risolverlo?

Infine, nell'ultimo trafiletto, si può costatare un ulteriore controsenso della scuola italiana.
L'unitarietà.
Allora, i parametri che sono stati forniti, sono stati calibrati su una scuola elementare od un liceo? Mi risulta che le olimpiadi di matematica si svolgano nei licei, o almeno da me é così. Se poi vogliamo paragonare la forma mentis di un liceo a quella di una scuola elementare, non lamentiamoci che la scuola é una barzelletta.

E i genitori, vabbé, poveri dementi anche loro. Nostro figlio non ha i compiti e sta in casa davanti alla tv. Tralasciando il fatto che già alle superiori é difficile che uno studente abbia autonomia propria, figuriamoci alle elementari, quello che fa impressione é ancora l'immagine arretrata della scuola come balia.
Se hai cresciuto tuo figlio come un puzzone, é colpa della scuola? Ma fagli conoscere i piaceri di un calcetto con gli amici, dell'arte, quello che ti pare, ma ci vuole tanto?


LINK:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/C.../compiti.shtml