Non è particolarmente difficile. Il grande Dijkstra era un irriducibile sostenitore del logicismo-formalismo, inteso come prassi matematica rigorosamente assiomatica: nonostabte l'apparenza, una posizione leggermente diversa da quella di Hersh (da lui più volte criticato) che dal canto suo vede la matematica come "costruzione sociale" puramente formale, e nettamente diversa dall'empirisimo-fallibilismo alla Lakatos-Borwein-Chaitin-Wolfram che invece ci appartiene e ci diverte assai di più.
Dunque Dijkstra procede in modo rigorosamente assiomatico: "Java fa schifo" è appunto un assioma del suo sistema di pensiero. E del mio, si parva licet.
Per l'altra questione, nel mainstream l'eventualità che qualcuno venga a contestare, a posteriori, la scelta di un linguaggio a causa di un incidente veramente grave è pressoché nulla. Si è quindi liberi di usare altri, più prosaici, criteri di scelta. In altri mercati è invece obbligatorio dimostrare di avere applicato dei criteri asseverati (peraltro qui la ricerca interna delle multinazionali surclassa di gran lunga quella accademica nella produzione di regole e criteri selettivi pragmatici) anche nelle scelte di base della implementazione.
Comunque in media gli ingegneri italiani sanno poco e nulla di software engineering (e per fortuna, vista la generale scarsa plasticità mentale dei soggetti a causa dello sclerotismo degli insegnamenti, vedi sopra nel thread). Si tratta invero di una traduzione piuttosto infelice, più o meno come quella di "operations research".



Rispondi quotando
