Torino, 22 marzo 2006
L’ARPA, Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente in una conferenza stampa commenta i risultati delle analisi dell’unico carotaggio effettuato in valle di Susa sul percorso del TAV. Le carote analizzate non conterrebbero campioni di amianto significativi e la radioattività misurata risulterebbe “nella norma”.
Purtroppo tutti i valsusini sanno, al pari di qualsiasi semplice possessore di una cartina geologica, che nel punto in cui si è prelevato il campione non c’era amianto e tanto meno uranio 238 o altri materiali radioattivi (Torio e Potassio) che invece sono stati rilevati, addirittura nel secolo scorso, nelle montagne valsusine. Per la precisione si fa notare quanto segue.
Amianto: nelle aree testate nella bassa valle sul percorso TAV, l’università di Siena ha rilevato su
40 campioni prelevati in superficie ben 20 casi di presenza di amianto, in otto di questi trattasi di “fibre, campioni poco compatti, con elevata tendenza alla defibrillazione. - XRPD: tremolite”, come si legge dalle stesse analisi, effettuate su incarico dei progettisti e di RFI.
Uranio: l’AGIP mineraria e la Minatome Francese hanno testato il territorio alla ricerca di minerali radioattivi. Sempre in superficie, in un’altra area, ben delimitata e corrispondente col percorso TAV nelle montagne valsusine, a cavallo del confine tra i due stati ed hanno riscontrato decine di “anomalie spettromettriche” rilevanti e dovute a presenza, già in superficie, di materiali radioattivi. Trattasi di
Uranio 238 e 235, Potassio e Torio, come dimostrano copie di documenti originali archiviati ed in possesso della Comunità Montana e delle Associazioni Ambientaliste. Tale presenza, suscettibile di utilizzo industriale negli anni in cui esisteva la possibilità di sfruttare il minerale a fini energetici, è sfociata in uno scavo di oltre 100 metri in località Molaretto all’interno del quale la radioattività del materiale risulta essere
almeno 1.000 volte più alta di quella naturale.
Non è indicativo perciò il risultato dell’unico sondaggio realizzato "ad arte"sulle pendici del monte Rocciamelone, peraltro con l’uso della forza pubblica, e senza il consenso dei proprietari dei terreni, proprio dove le carte geologiche da sempre indicano l’assenza di materiali pericolosi. Di più: è doveroso annotare che si è appena conclusa la fase di “tregua olimpica”, prima ancora di attivare tutti i tavoli politici, istituzionali, tecnici eventuali, i proponenti interessati all’opera utilizzino simili “espedienti comunicativi” e tranquillizzanti, per diffondere messaggi che al contrario non fanno altro che screditare ulteriormente l’informazione fornita agli occhi dei valsusini che conoscono le loro montagne a menadito. Continuando con questo metodo si rischia di allontanare il confronto tra le parti che tutti auspichiamo, un confronto serio e portatore di decisioni condivise, che ci porti a soluzioni economicamente ed ambientalmente sostenibili per la valle e per l’intero “Sistema Paese”.