Originariamente inviato da colombre
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furono i giovani a invocare con la poesia una via di salvezza denunciando in una
protesta meravigliosamente incruenta, un dissenso basato su tecniche di non violenza, i pericoli che incombevano sulle anime delle dolci vittime di una tecnocrazia asservita al capitale e da una alienazione indistricabile dalla manipolazione del pensiero esercitata dai mass media asserviti alla politica o al consumismo.
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Chissà se queste poesie sono datate. Quei sogni, quelle utopie sono stati travolti dal terrorismo; ma i
giovani raccolti in frange minoritarie che
non picchiano gli extracomunitari, non stuprano le ragazze,
non uccidono i compagni negli stadi indossando questa o quella nostalgica uniforme,
non si nascondono sotto la retorica religiosa, queste poesie le leggono di nuovo, come allora, come ai tempi del sacco a pelo, anche se
sanno che quei tempi non torneranno più, che quei sogni sono finiti per sempre:
le leggono perché cercano qualche traccia di quella meravigliosa speranza, inafferrabile dea, immortale bellezza
che è sempre stata e sarà sempre la libertà.