Un'ipotesi filosofica affascinante è che vi sia una sorta di finalismo nella vita (non solo quella umana, ma la vita nel senso più ampio) nello spostare il confine tra statico e dinamico. La vita sarebbe un corsa evolutiva verso una maggiore libertà, da vari tipi di costrizione. La più grande costrizione dell'uomo è senza dubbio il tempo, e questo spiegherebbe l'ossessione - occidentale, ma non solo - per l'immortalità e per la sua metafora, la memoria.
Di mio, devo dire che credo che la memoria "concettualizzata" sia di per sè sopravvalutata; perchè quello che è importante, che lo si capisca o meno, viene radicato nelle persone e nella storia a livello più profondo che quello percepito dalla coscienza. Gli avvenimenti, le situazioni, le persone, le emozioni o le parole lasciano un segno a livello "neurologico", e non ci lasciano facilmente.
Per parafrasare il Dr. Manhattan di Watchmen non credo che niente abbia veramente fine, mai.