Originariamente inviato da Miles Messervy
In Italia il governo, che è espressione della maggioranza parlamentare, deve ottenere la fiducia di camera e senato. Questa fiducia deve essere mantenuta per tutto il mandato, quindi in caso di problemi può essere posta una questione di fiducia da parte dei parlamentari oppure il governo può chiedere al parlamento se ha ancora la fiducia della sua maggioranza. In più, va anche notato che la costituzione, all'articolo 94, stabilisce che «il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.» Cioè un voto contrario a una proposta del governo non vale come sfiducia o, se si preferisce, la sfiducia al governo deve essere votata espressamente.
Nel caso di disegni di legge (sia di iniziativa governativa sia di altra iniziativa) che il governo reputa rivestire una particolare importanza, il governo stesso può porre la questione di fiducia; cioè può chiedere che il voto contrario a quel provvedimento valga anche come sfiducia al governo il quale, quindi, sarà obbligato alle dimissioni.
Nell'ultima quindicina di anni, però, in tempi di maggioranze con un minimo scarto e di governi ricattati da minoranze all'interno della stessa maggioranza, si è abusato di questo strumento per ottenere iter parlamentari più veloci e per avere la certezza dell'approvazione di disegni di legge (o parti di ddl oppure anche di loro emendamenti).