Perché non è possibile, oggi, applicare il signoraggio come differenza tra il valore nominale della moneta e il suo costo di produzione? A parte i discorsi etici, così facendo si creerebbe molto valore -- ancorché solo nominale -- dal nulla: la differenza tra valore nominale e valore industriale delle banconote è molto alto. Quindi si genererebbe un'inflazione eccessivamente alta, che forse nemmeno il Brasile negli anni 80 ha conosciuto. Invece se la moneta in circolazione è coperta da valori -- titoli, oro o altri beni relativamente stabili -- il valore nominale all'atto dell'emissione rappresenta valore che esiste realmente. Poi, durante la circolazione, con la leva monetaria, la moneta effettivamente in circolazione -- banconote, depositi e moneta elettronica -- aumenta perché a ogni scambio aumenta il valore della ricchezza presente nel sistema di circolazione di questa moneta. In un'economia almeno un po' sana, altrimenti tracollerebbe il valore e l'inflazione correrebbe come un tiro a quattro.
La definizione che potremmo chiamare storica del signoraggio è: il compenso che lo stampatore delle monete tratteneva, sotto forma di metallo nobile, per il servizio di emissione. Questo succedeva quando le monete circolavano in forma metallica e il loro valore era garantito dalla presenza di metallo nobile nella lega.
Poi, ripeto, potrebbe anche essere che esista qualche economia così storta in cui lo stato o una banca emette moneta per finanziarsi, ma è una manovra sciocca, perché emetterebbe carta straccia.
Per esempio, non mi ricordo proprio più cosa facesse l'Argentina nel periodo precedente al tracollo, se per caso si finanziasse con l'emissione di nuova moneta. Ma mi risulta una cosa -- e qui rispondo a chi ha attribuito al FMI il default dell'Argentina -- cioè che se l'Argentina avesse ascoltato il FMI, forse avrebbe salvato qualcosa.

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