Originariamente inviato da maucirano
Chi sceglie di convivere con il proprio partner, quali prospettive a lungo termine si pone?
Vi spiego il mio dubbio...

Chi convive, differentemente da chi decide di unirsi in matrimonio (con rito civile o religioso) a mio modo di vedere le cose non si pone interrogativi futuri. Ciò che porta a convivere, visto da un profano come me, è il ragionamento per cui "oggi sto bene con il mio partner, per cui decido di condividere con lui il mio quotidiano, domani chissà?". Un "non-impegno" insomma, un qualcosa che si possa sciogliere senza implicazioni future.

Ma a lungo termine, che tipo di prospettive e di certezze dà una convivenza?
A partire dai figli, per arrivare alle proprietà, eventuali mutui, l'esigenza di pensare al futuro, come vengono conciliate da chi sceglie di convivere?

Sia chiaro, non vuole essere una provocazione, è un dubbio su cui ho ragionato negli ultimi giorni.
guarda, io convivo con la mia ragazza da 2 mesi dopo che ci siam conosciuti e son già pareccchi anni, quasi 10.
Non è vero che non ci sono progetti a lungo termine, anzi, fin dall'inizio noi abbiamo pianificato la nostra vita insieme, sia dal punto di vista dell'economia domestica, da quello dei desideri di realizzazione personale e professionale di entrambi, e da quello di coppia.
Abbiam comprato casa insieme, intestata metà a me e metà a lei e spero che presto arrivi l'erede.
Morale: chiamare non-impegno una vita passata a costruire un rapporto solido, condiviso, con fatti e decisioni concrete che simbolizzano l'impegno preso mi sembra un insulto. Un insulto allo sforzo fatto, che è reale ed oggettivo.

Potrei parlare negli stessi termini di tante coppie che conosco, ma non di tutte le coppie del mondo, purtroppo. L'esperienza peró mi insegna che l'impegno si dimostra coi fatti e nel tempo.

Quello che chiedo è libertà di scelta, protezione giuridica e nessun stigma sociale. Come è giusto che sia.