Facendo tappa a Londra dove fu fotografato per essere mostrato alla regina Vittoria raggiunse Brest dove salì a bordo il Granduca Costantino.
Lo yacht attraversò il golfo di Biscaglia ma quando arrivò una tempesta il suo comportamento fu disastroso. Essendo bassa sull'acqua le onde la sovrastarono e l'acqua penetrò ovunque. Cominciò ad inclinarsi di 9 gradi con le pompe che funzionavano giorno e notte per svuotarla. Dovette riparare nel porto spagnolo di Ferrol dove fu accuratamente esaminata. Presentò danni notevoli (5 compartimenti stagni riempiti d'acqua e numerose crepe) e poiché il bacino di Sebastapoli non era ancora terminato fu deciso di farle passare l'inverno a Ferrol dove divenne in pratica un Palazzo dove furono organizzati balli e feste memorabili.
Senonché nel marzo successivo lo zar fu assassinato a SanPietroburgo e gli succedette il figlio Alessandro III che non era affatto "innamorato" come il padre delle idee "geniali" dell'ammiraglio Popov. Sotto un nuovo comando lo yacht riprese il viaggio verso il Mar Nero, toccando anche Napoli (dove venne fotografato all'ormeggio nel Porto Militare) e arrivando infine a Sebastopoli l'8 giugno del 1881.
Aveva viaggiato per 3890 miglia consumando 2.900 tonnellate di carbone.
Qualche giorno dopo il Granduca Michele s'imbarcò con la famiglia per una breve crociera sul Mar Nero. Le acque agitate dimostrarono che la nave non era adatta a sopportare tempeste, la sovrastruttura vibrava e tremava fortissimamente spaventando a morte i passeggeri. Lo yacht rientrò in bacino di carenaggio e fu visitato accuratamente da una commissione e sottoposto a numerosi test.
Nonostante 136 tentativi di percorrere il miglio velocemente la barca non riuscì mai a superare i 14,5 nodi. Popov dichiarò che la qualità del carbone era scarsa e che l'equipaggio era inesperto ma fu ugualmente licenziato e fu dichiarato responsabile di indebito pagamento del premio per la velocità. La commissione dichiarò lo yacht inadatto ad affrontare il mare senza grandi lavori di ristrutturazione. La nave rimase così nel bacino e qualche tempo dopo, poiché i lavori non vennero eseguiti, le fu tolto il nome Livadia sostituendolo con il sarcastico nome di "Opuit".
Fu man mano smantellato tutto il ricco arredamento e convertita in nave-riparazione per la flotta del Baltico: un misto tra caserma e magazzino, ma, in realtà, languì all'ormeggio a Sebastopoli finché nel 1923 fu venduta come rottame per sole 4.000 sterline. Fu dura anche l'impresa di demolirla, tanto che la sua sagoma fu ancora visibile in porto fino al 1930.