Quello che conta, anche dal punto di vista della correttezza e buona fede, non è tanto la gravità del danno che subisce l'utente, bensì la gravità dell'inadempimento posto in essere dall'isp.
Anche la giurisprudenza è chiara sul punto.
Se consideriamo la gravità dell'inadempienza come intrinseca col fatto di andare a 3 K/s ed inviamo la diffida dopo aver già sopportato 10-20 gg. di disservizio (in modo da escludere l'occasionalità dello stesso), la questione della buona fede da parte nostra è interamente assorbita dalla risoluzione operata "di diritto".
Solo scegliere un termine non congruo potrebbe configurare scorrettezza, (nei contratti preliminari immobiliari, ad es., è scorretto mandare una diffida senza indicare luogo, data e ora dell'incontro per la firma del definitivo: qua mi pare sufficiente parlare di ripristino del servizio adsl).
Se diamo per buoni i 15gg o addirittura assumiamo la possibilità di considerare un termine inferiore, noi siamo comunque in buona fede, anche se dopo i 15gg. l'isp si offre - tardivamente - di scontare la tariffazione...
La buona fede, nel nostro caso, si riduce a rispetto del principio di leale collaborazione ed in particolare nell'indicazione di congruo termine insieme con l'attesa di tot. giorni prima di inviare la diffida.

Il motivo del thread però è un altro: se l'isp non solo non mi risolve in tempi brevi il problema ma non mi dice neppure quale sia il problema (come avviene di regola), allora io, dopo 15, 20, 30 giorni già trascorsi, sarò ben giustificato se scelgo un termine anche inferiore ai 15gg?