EULERO A WALL STREET. Marzo 1995, cinque anni dopo. Larry Page e Sergey Brin, 22 anni il primo, 21 il secondo, si incontrano all’Università di Stanford. Fino ad allora la più grande impresa di Larry era stata costruire una stampante con il Lego. Brin, di origine russa, eccelleva nel trapezio. Oggi stanno per portare alla Borsa di New York la loro creatura: Google, il più famoso motore di ricerca su Internet. Con un tocco di goliardia, hanno annunciato di voler raccogliere la cifra indicativa di 2.718.281.828 dollari, che richiama il famoso numero di Eulero (la base naturale dei logaritmi che affascina da secoli i matematici). Anche il nome ha a che fare con la matematica: «googol» è il nome che Milton Sirotta, nipote del matematico americano Edward Kasner, diede alla cifra 10 elevata alla centesima potenza, cioè un numerone che rende bene le dimensioni esplosive di Internet. Google, fondata nel 1998 in California, con sede a Mountain View, perdeva 6 milioni di dollari nel 1999 e ne ha guadagnati 105 nel 2003. Il 95 per cento degli introiti deriva dalla pubblicità, proprio la voce che è mancata a gran parte delle aziende della new economy soffocate nella culla. Ma quella di Google è ben mirata: cerchi «alberghi a Roma» e ti appare in un link (segnalato correttamente come pubblicità) a un sito che elenca alberghi. In più è poco costosa, alla portata di una sterminata platea di aziende medie e piccole di tutto il mondo.
Nella richiesta di quotazione alla Sec, l’organismo di controllo di Wall Street, Larry Page ripete fino alla noia che a loro non importerà nulla dei risultati trimestrali (incubo dei top manager americani, ostaggi delle fluttuazioni dei titoli). E che, come da tradizione aziendale, i 1.900 dipendenti-azionisti saranno «obbligati» a investire il 20 per cento del loro tempo nel fantasticare a ruota libera su nuove iniziative. Negli Stati Uniti c’è chi pensa che, con la quotazione, Google possa arrivare a valere 20-25 miliardi di dollari, come Lockheed o Nike. Altri pensano sia un passo verso la tomba. Alla partita sono molto interessati gli azionisti attuali, tra cui figurano Henry Kissinger, Arnold Schwarzenegger, il campione di golf Tiger Woods e l’asso dell’Nba Shaquille O’Neal.