L’OPPIO DEI POPOLI. Oggi il 95 per cento del fatturato di Google (961,9 miliardi di dollari) si deve alla pubblicità, a piccoli annunci molto simili a quelli di Diario.it. Mentre i giganti mandavano in giro i loro venditori a infestare la rete di Pop Up, le pagine che si aprono senza che nessuno gliel’abbia chiesto e che si chiudono soltanto se perdi tempo a chiuderle, pagine di cui Google è nemico (dalla toolbar si possono disattivare), a Mountain View si vendeva pubblicità di piccolo formato, sobria, non invasiva, associata alla ricerca fatta dall’utente. È un po’ disturbante digitare Viagra e vederselo offrire. Però può essere utile e una farmacista imbarazza di più. Il modello, economicamente, ha funzionato benissimo. Anche se ha un po’ sporcato l’immagine «Don’t Be Evil» dell’azienda.
Google ha smesso soltanto nel 2002 di pubblicizzare la vendita di armi e continua a promuovere psicofarmaci come il Vicodin, un oppiaceo di gran moda, che in molti Stati è vietato senza ricetta. Ma anche siti di escort o per scommettere online. Google accetta gli annunci della Chiesa di Scientology, ma fa scomparire «per sbaglio» dagli indici 126 pagine anti Scientology. Pubblicizza Royal Caribbean, ma non Oceana, un’associazione che si batte contro l’inquinamento nel mar dei Caraibi provocato anche dalle navi da crociera Royal Caribbean. Ultimo esempio: il rifiuto di pubblicizzare la vendita di una maglietta blandamente anti Bush (con una semplice «W» barrata). Forse si tratta di inconvenienti ineliminabili quando hai da gestire 200 milioni di ricerche al giorno, 3 miliardi di pagine in 36 lingue e oltre 100 milioni di inserzionisti. Google è uno strumento, neutro in quanto tale, che oggi è ancora più buono che cattivo. Certamente, come Microsoft, ha le potenzialità per essere devastante.

QUANDO SCADE IL BISCOTTINO? Nel marzo 2002, la Cia è stata costretta a liberarsi di un cookie relativamente innocuo, capitato per caso lì dove stava. Il «biscottino» è un piccolo file di testo che ti si infila nel pc. Serve ai gestori del sito per avere statistiche più attendibili sul comportamento dei visitatori. Attraverso il cookie, però, è possibile raccogliere informazioni molto dettagliate sulle abitudini del navigatore. Attraverso il cookie, i motori di ricerca possono ricostruire gli interessi di ogni singolo utente. Anche se la legge sulla privacy disciplina in modo rigido le informazioni che i siti possono utilizzare per scopi commerciali, molte di queste vengono registrate e in parte utilizzate. Paragonato al cookie di Google, quello di cui si è dovuta liberare la Cia era davvero un biscottino che durava una decina di anni. Quello di Google, piuttosto complicato da disabiltare, è programmato per sparire soltanto nel 2038. Fino ad allora, terrà traccia di ogni nostra ricerca, disponibile ad essere associata al nostro IP (cioè al numero del nostro singolo computer), al sistema operativo, al browser e perfino all’area geografica in cui viviamo e consumiamo. La durata è considerevole, le possibilità quasi illimitate, ma Google almeno fino a oggi non offre servizi che richiedono la registrazione e quindi l’esplicito consenso all’uso dei dati.
È la strada scelta dall’altro grande avversario: Yahoo!. Dopo essersi alleati (Google potenziava le ricerche di Yahoo!) e avere collaborato per anni ignorandosi cordialmente, nel febbraio scorso i due giganti hanno divorziato. Una separazione che annuncia l’imminente potenziamento della ricerca su Yahoo!, la cui forza poggia su un numero di utenti simile, su un fatturato doppio (ottenuto facendo pagare l’inserimento negli indici), ma soprattutto su una gigantesca banca dati ottenuta proprio attraverso la registrazione. Anche in questo caso, non è detto che il migliore sia anche il più forte. Benedetti ragazzi, come pensate di farcela?

Il futuro è una finestra. «Il nostro scopo», ha dichiarato Page a Newsweek, «è di cercare l’informazione mondiale e organizzarla». È qui che probabilmente si gioca la partita. L’informazione mondiale non sono solo i siti, non sono soltanto i giornali online e neppure i blog. Il pezzo di «informazione mondiale» ancora da cercare e organizzare riguarda tutti noi, monadi che non siamo altro. Riguarda i nostri singoli pc e i documenti, le nostre foto, i software che utilizziamo ogni giorno. Riguarda le e-mail, soprattutto le e-mail. La strategia – la sola speranza per Google di battere Microsoft e Yahoo! – sta tutta in un progetto che si chiama «Gmail».
La nuova creatura di Brin e Page, benché ancora sperimentale, sta sollevando attese e paure. La novità è nelle dimensioni: 1 giga, ovvero 1.000 megabyte contro i 4 di Yahoo! e i 3 di Hotmail, cioè di Microsoft. Significa che potrà essere usata al posto del normale software di posta elettronica. Per ripagarsi di tanta munificenza, i nostri messaggi di posta elettronica ospiteranno pubblicità. Associarla alle ricerche degli utenti o all’argomento dei messaggi sarà solo questione di legge e di scelte, non di tecnologia. Lo stesso discorso vale per la possibilità di scegliere gli inserzionisti in base alla zona, magari alla via, dove abita il consumatore. In cambio, la posta di Google sarà spaziosa, veloce, facile da usare e – marchio di qualità dell’azienda – consentirà di cercare tra migliaia di messaggi in modo semplice e intuitivo. Una finestrella in alto permetterà ricerche direttamente dal programma di posta. È la contromossa, l’unica possibile, al motore di ricerca che Bill Gates infilerà in Word, proprio in cima alla pagina su cui scriviamo.
Il futuro è una finestra. Un corridoio spalancato tra il nostro computer e la rete mondiale. Tutto lascia pensare che la finestra di Microsoft si aprirà sul foglio di testo, quella di Google nella posta elettronica. Oggi Microsoft controlla il nostro pc, Google governa sulle reti. Entrambi, Word e Gmail, non potranno che assediare la storia privata di ognuno di noi, quello che scriviamo, per passione o per mestiere, e quello che decidiamo liberamente di comunicare agli altri. Difficile fare scommesse. Ma solo allora, i singoli cervelli daranno forma al cervello del mondo. Non sarà una trasformazione da poco. Il concetto e le pratiche della democrazia, così come abbiamo imparato a conoscerle, cambieranno radicalmente, chiunque sarà il vincitore. Nessuno dei contendenti è ideale, ognuno comporta rischi e può essere criticato. Ma non si tratta di modelli equivalenti. Tra Bush e Kerry si può sempre votare Nader, ma poi il rischio è che oltre all’Alaska ti distruggano anche l’Iraq.

PS. per key ===> ora lo devi leggere tutto