Per avere dei reali risultati è necessario che la formula di determinazione dell’onorario del professionista sia a forfait. Se invece è a tempo, o a prestazione, il sistema non produce gli effetti virtuosi desiderati. Infatti se, come accade ad esempio nel caso degli avvocati, la parcella è il risultato della somma di moltissime singole tariffe applicate per altrettante singole prestazioni offerte al cliente, che fanno tutte parte dello svolgimento di una stessa causa (memorie, studio della causa, conclusioni eccetera), eliminare i minimi non equivale a produrre parcelle più basse, né consentire la pubblicità aiuta il cliente a essere meglio informato: paradossalmente un avvocato che fa sconti può finire per chiedere un onorario più alto di uno che non ne fa, dipende da quanto complica la causa (e perciò da quanto moltiplica il numero delle prestazioni necessarie). Con questa tipologia anche il correttivo del pagamento legato al risultato può funzionare poco, perché serve a evitare un uso troppo ridotto degli strumenti necessari al raggiungimento del risultato, mentre in questo caso il problema è diametralmente opposto: l’eventuale, e inutile, sovraccarico di strumenti impiegati, volto ad alzare il può possibile la parcella a dispetto di un dichiarato sconto sulle singole tariffe.

Attualmente, le formule di determinazione dell’onorario per le diverse tipologie di professionisti sono le più varie, addirittura nell’ambito di una stessa professione ve ne possono essere diverse a seconda del tipo di attività, e le tariffe a orario e a prestazione, cioè quelle per le quali il decreto è inefficace, sono largamente impiegate.