Fonte: [ZEUS News -
www.zeusnews.it - Numero 999 del 1-6-2002]
Ti leggo l'email e ti licenzio
Per un Giudice delle Indagini Preliminari di Milano è
legittimo e lecito che un datore di lavoro possa entrare
nella casella di posta elettronica di un dipendente e
leggerne i contenuti. Questa è la sentenza rispetto al
caso di una dipendente licenziata perché, durante
un'assenza per ferie, il datore di lavoro aveva trovato
nella sua e-mail aziendale messaggi riguardanti progetti
estranei alla società. Una sentenza discutibile che
legittimerebbe la lesione di più di un diritto individuale.
[ZEUS News -
www.zeusnews.it - Numero 999 del
1-6-2002]
A Milano una dipendente denuncia il prorio datore di
lavoro per violazione dell'art. 61 del Codice Penale,
quello che punisce chi viola il segreto epistolare, cioè
legge una corrispondenza chiusa e diretta ad altri.
Durante l'assenza della dipendente per ferie, il datore di
lavoro aveva aperto la posta elettronica della dipendente
e letto messaggi in cui si parlava di progetti estranei a
quelli dell'azienda.
Secondo la sentenza del Gip di Milano, a cui la
lavoratrice si era appellata, "il datore di lavoro ha diritto
ad entrare nella casella di posta elettronica in uso al
lavoratore e di leggere i messaggi in entrata e in uscita,
dopo averne lecitamente acquisito la password, che ha
come esclusiva finalità non quella di proteggere la
segretezza dei dati personali contenuti negli strumenti a
disposizione del singolo lavoratore, bensì solo quella di
imedire che ai predetti strumenti possano accedere
persone estranee alla società".
Secondo il giudice "l'uso della e-mail costtuisce un
semplice strumento aziendale a disposizione
dell'utente-lavoratore, al solo fine di consentire al
medesimo di svolgere la propria funzione aziendale".
Al Giudice si possono porre molteplici obiezioni, che,
speriamo, potranno essere prese in considerazione in
caso di appello: come si sarebbe pronunciato se il datore
di lavoro, anzichè aprire la casella di posta elettronica,
avesse aperto una tradizionale e comunissima busta di
posta indirizzata al dipendente presso la sede
dell'Azienda? Sulla base della considerazione che la
posta elettronica è solo uno strumento per lo
svolgimento delle funzioni aziendali è lecito per il datore
di lavoro intercettare ed ascoltare, anche all'insaputa
dell'interessato, comunicazioni telefoniche su telefoni
fissi e mobili dati in comodato d'uso da parte
dell'azienda al lavoratore?
L'estensione di questa sentenza ad altri ambiti più
tradizionali della comunicazione aziendale
nasconderebbe enormi pericoli e ci si può chiedere se
non vada, clamorosamente, in collisione su quanto
stabilisce la legge sulla privacy per la tutela dei dati
riservati e sensibili (idee politiche, religiose, sindacali,
comportamenti privati) dei lavoratori.
Infine è conciliabile una sentenza del genere su quanto
stabilisce l'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori che vieta le
forme occulte di controllo a distanza, con l'ausilio di
dispositivi informatici e telematici, da parte dei datori di
lavoro sui propri dipendenti.
Oltretutto il datore di lavoro può tutelarsi da utilizzi
della posta elettronica non coerenti con le attività
lavorative disabilitando con appositi filtri la possibilità di
inviare e ricevere posta elettronica da molti indirizzi,
anche se una mentalità repressiva rispetto all'uso di
questi nuovi strumenti non è in linea con una prassi che
voglia dare autonomia, fiducia, e punti
sull'autoresponsabilizzazione rispetto ai risultati.
La necessità di regolamentare i diritti alla privacy,
nell'utilizzo di questi strumenti di comunicazione
aziendale, è stata messa in evidenza in più occasione
dall'Autority di Stefano Rodotà che ha invocato, più che
nuove leggi, accordi tra le parti socilali, aziende e
sindacati, che regolino l'utilizzo della posta elettronica.
Senza dimenticare che sempre più nelle aziende si
diffondono sistemi di messaggeria, vere e proprie "chat
aziendali" che possono soffrire di un occhiuto e non
disinteressato controllo dei datori di lavoro.