La storia del Muro
comincia nel 1961, come diretta conseguenza della Seconda Guerra
Mondiale e della successiva Guerra Fredda tra i due blocchi, sovietico
e occidentale. La vittoria degli Alleati e dei sovietici sul nazismo è
ormai lontana. E la Germania divisa fra est filosovietico e ovest
filoccidentale paga il prezzo più alto: mentre nella repubblica
federale (Rft), grazie anche ai massicci aiuti americani, migliorano le
condizioni di vita, nella repubblica democratica (Ddr o Rdt) cresce
invece l'insoddisfazione della gente. La collettivizzazione forzata
dell'agricoltura, la repressione dell'industria e del commercio
privati, la mancanza di risorse provocano un vero e proprio esodo: nei
mesi che vanno da gennaio ad aprile fuggono dal "paradiso socialista"
160mila persone. Una situazione insostenibile per il regime di Walter
Ulbricht, che però il 15 giugno del '61, durante una conferenza stampa
internazionale, smentisce seccamente le voci sul progetto della
costruzione di un muro a Berlino per dividere le due Germanie: "Ho
sentito anch'io questi pettegolezzi, sono falsi. Nessuno ha intenzione
di farlo". La storia oggi ci dice che era una menzogna. La mattina del
13 agosto 1961 i berlinesi scoprono infatti che nel cuore della loro
città sta nascendo una divisione fatta di filo spinato, blocchi di
cemento anti-carroarmati e barricate. I collegamenti fra la zona est e
quella ovest sono bloccati e i cittadini della prima non possono più
entrare nella seconda. Sono le "prime pietre" del famigerato Muro, che
la propaganda chiama "il muro di protezione contro i fascisti". Gli
Alleati reagiscono con moderazione, troppa moderazione, e la
"protezione" cresce in fretta, raggiungendo i 166 chilometri di
lunghezza e i 4 metri di altezza. Centosessantasei chilometri che
tagliano 192 strade di Berlino, sancendo la definitiva separazione fra
i due blocchi. Passare il Muro diventa impresa assai rischiosa, tanto
che un centinaio di berlinesi dell'est moriranno nel tentativo di
scavalcarlo, uccisi dai poliziotti (Vopos) di guardia: l'ultima vittima
è Chris Gueffroy, il 6 febbraio del 1989.
Chris
Gueffroy non poteva saperlo: gli sarebbe bastato pazientare ancora
pochi mesi e lui sarebbe ancora vivo. E libero. Il 9 novembre di
quell'anno, Günther Schabowski, leader della Sed (il partito comunista)
di Berlino est, annuncia infatti la resa: con parole ambigue dice che
da quel momento il Muro viene aperto per permettere "viaggi personali
all'estero". Sono le sette di sera, poco dopo scoppia una festa
spontanea alla porta di Brandeburgo e nella Kurfürstendamm di Berlino
ovest. Il Muro viene fatto a pezzi. E comincia un'altra storia, che
porterà alla caduta dell'Urss e dei suoi regimi satellite nell'Europa
orientale.
In questi anni, contraddizioni fuoriuscite dalla Riunificazione,
fortemente e velocemente voluta e realizzata dall'ex premier Kohl,
hanno funestato Berlino. Dagli episodi di razzismo al ritorno
nostalgico di fermenti comunisti e neonazisti, la città tedesca rimane
un cantiere aperto, in cerca di una propria identità. Un processo
difficile che la stessa Berlino ha imposto a tutta l'Europa, da allora,
dal preciso momento iniziale della Caduta, alla ricerca di un
equilibrio e di un riassetto comune. Dieci anni trascorsi tra crolli
ideologici e germinazioni di mercati nuovi, guerre nel Vecchio
Continente e proclami dal Nuovo Mondo.
speriamo che sia d'esempio per tutti i muri di divisione che esistono e che vengono attualmente costruiti per separare i popoli.