Non so quanti episodi ti spostano in giro per il mondo. Gli studi. Gli amici. Il lavoro. Le donne. La famiglia. La naja. Ti accorgi che negli ultimi dieci o quindici anni ne hai viste di cose, di cartoncini delle probabilità e degli imprevisti ne hai pescati tanti e differenti. E magari hai perso di vista tutto quel piccolo mondo fatto di maestre e merendine, cartoni animati e palloni da calcio incastrati sotto le marmitte delle 127. Quel mondo fatto di bambini che hai conosciuto bambini; quelle piccole persone che sono state tra le prime a formare la tua idea di "società".
Poi, arriva la cena dei "coscritti", del 1976.
Trentanni. Trenta. Anni.
Tra le prime chiacchere con quelli hai più (o ancora) confidenza volano gli sguardi incuriositi. Sguardi a cercare visi, segni su quei visi stranieri che ti ricordino quei bambini che hai conosciuto, anche tu bambino. Cercare le risate e i pianti, gli scherzi, le prime cose imparate. Il compagno di banco con cui hai condiviso i pensierini da fare a casa per punizione. Quello che a calcio era un dio, che adesso fa l'assicuratore. Il buffone della classe, che ancora non perde occasione per mettersi in boxer e mostrare il culo. Vedi la ragazzina che per prima t'ha detto ti amo - senza capirne il significato - , passata attraverso una splendida adolescenza, adesso mamma con qualche chilo in più, ma un sorriso ancora splendido. Vedi volti segnati da momenti difficili, capelli diradati, sorrisi abbozzati, ricordi fattisi incasinati e distanti.
Trentanni. Strade che sono corse parallele, incontrandosi per qualche attimo.
Alla fine della serata, tra le nebbie del prosecco, della birra e dell'absolute tonic, tra la stupida musica revival e i saluti imbarazzati ma affettuosi, resta una sensazione strana, come di nostalgia di un posto in cui avresti voluto essere, ma a cui non sei mai arrivato. Perchè sei stato in altri posti.