Essere clandestini è un attenuante!
La Suprema Corte ha stabilito che ai clandestini può essere applicato uno sconto di pena anche se autori di delitti efferati. Il riconoscimento delle attenuanti è giustificato per il fatto stesso di essere clandestini, e quindi dalla loro «emarginazione sociale e dall'arretratezza culturale».«INCRUDELITO DALLA VITA» - L'omicidio avvenne a Milano tra il 18 e il 19 novembre 2003 quando Marian N. uccise Carlo F. presso l'abitazione di quest'ultimo durante una relazione omosessuale. Il clandestino, si legge nelle motivazioni della sentenza, aveva colpito con particolare efferatezza, infliggendo alla vittima, legata mani e piedi, «numerosi colpi sul cranio con un corpo contundente». Poi per oltre un'ora era rimasto a guardare Carlo F. agonizzante.
A Marian non era stata conteggiata «l'aggravante della crudeltà» perché, secondo i giudici d'assise d'appello, la vita lo aveva incrudelito.
L'accusa aveva fatto ricorso in Cassazione sostenendo che l'immigrato «aveva inutilmente infierito in modo brutale sul corpo della vittima, ormai ridotta all'impotenza». Per la Suprema Corte, invece, sono state applicate legittimamente le attenuanti previste dall'art. 62 bis del codice penale, dato l'abbruttimento «conseguente allo stato di clandestino».