“Bobby” sarebbe forse piaciuto a Robert Altman, che avrebbe sorriso nel vedere il suo tipico stile di rappresentazione corale di personaggi e situazioni che si incrociano, come in “Nashville” o “America oggi”, applicato da Emilio Estevez in questo film che racconta il quotidiano di una ventina di personaggi (interpretati da un cast stellare di grandi nomi) , nell’Hotel Sheraton di Los Angeles, il giorno in cui spararono a Bob Kennedy. Il film parte senza grandi entusiasmi, l’inizio è un po’ in sordina, ma poi prosegue in crescendo, accompagna una dopo l’altra e quasi con affetto le singole, piccole storie di ciascuno di quei personaggi fino alla sera dell’attentato, in cui tutti si troveranno attorno a Bob Kennedy, e diventeranno partecipi e vittime di quella tragedia che investirà l’America e il mondo intero.
Bob Kennedy nel film è solo un’ombra, una figura che appare nei filmati di repertorio e di cui sentiamo i discorsi, un uomo che parla di tante grandi ombre di quell’epoca: il razzismo, la guerra in Vietnam, le istanze sociali, i drammi di una società ricca nella quale abbondano i poveri…una società che vede i suoi ragazzi “tornare indietro in sacchi di plastica” “senza che nessuno spieghi perché sono laggiù”…
Estevez guarda all’ieri dell’America per parlare dell’oggi, mette dentro forse un po’ ingenuamente un cenno alla primavera di Praga, spezza le nubi del dramma imminente con lo sballo di un trip lisergico ma ci consegna un prodotto tutto sommato dignitoso, civile, con qualche commovente momento di cinema, e lo chiude mirabilmente con la lunga sequenza corale del dramma finale accompagnata dalla voce dell’ultimo discorso di RFK, ricostruendo lo smarrimento, l’impotenza, il crollo di tante speranze.
Ci consegna soprattutto l’immagine di quell’America “buona” che vorremmo vedere più spesso di quanto l’abbiamo vista in tempi recenti, e che i più giovani probabilmente nemmeno conoscono.
Da vedere, anche se, come capita spesso per questi film, è mal distribuito e sottovalutato…
Globale ***1/2