Avendo lavorato diversi anni come consulente informatico nella ricca e verde pianura padana, piena di fabrichčte "che noi le paghiamo le tasse mica come i teroni al sud", mi č capitato di vedere realtā industriali e lavorative degne di avere sedi legali nelle fogne. Soprattutto le imprese edili di cui questa terra č piena: cattivi pagatori, spietati con i lavoratori in nero, falliscono e riaprono sotto altro nome come se fosse una cosa normale, e via dicendo. L'ho sempre detto ai leghisti del posto che si lamentavano dell'apertura di troppi call center per "negroidi". Ho sempre ribattuto: "Almeno loro pagano in tempo e non cercano di fregarti a differenza della fabrichčta di tuo cognato". Ovviamente non era vero, lo dicvo solo perché sono un comunista.
Ora c'č questa bella inchiesta: http://www.repubblica.it/2007/04/sez...-cantieri.html
Il giornalista si č fatto assumere in vari cantieri della Lombardia, trovando un ambiente infernale.
Riporto alcuni passi significativi.
Da buon manovale bado solo a lavorare, a guadagnarmi, in nero, i miei 3 o 4 euro l'ora. Per dieci ore fanno 30-40 euro. Pagamento dopo 50 giorni. La prima settimana di prova, spesso, č gratis. Inizi in cantiere alle sette dal mattino, finisci, sfatto, alle cinque, sei del pomeriggio. Un massacro. Niente documenti, sicurezza zero. Alla fine del mese devi pure pagare la mazzetta: 300 euro al caporale che ti ha dato lavoro. Per mantenere il posto.A Milano e provincia, dei 120 mila operai edili (il 42,3 per cento sono immigrati stranieri, nel 2000 erano solo il 7,1), 60 mila sono in nero: la metā. Tutti gestiti dai caporali. Č manodopera fantasma, soprattutto straniera e clandestina. Ricattabile. Chi non č in regola col permesso di soggiorno, si deve accontentare. Fa cose da bestia, che gli italiani rifiutano. Sono albanesi, egiziani, marocchini, romeni, tunisini. E sudamericani. Italiani pochi: stanno quasi sempre in cima alla piramide. Impresari. O, appunto, mercanti di braccia.Un collega tunisino, Aziz, č appena guarito dopo un ferita alla testa. "Mi hanno detto che se andavo in ospedale non dovevo farmi pių vedere"Il terzo mondo č qui: Lombardia, Italia, 2007.Sono le quattro del pomeriggio, ho giā la mente all'alba del giorno dopo. Altro sfruttatore, altro viaggio, altro sudore, altri soldi che non vedrō mai. Altri clandestini che si spaccano le braccia per ingrossare il conto corrente dei caporali e delle imprese lombarde che vogliono tutto, e subito. Calpesterō fango a Lissone, a Novara, infine in quella valle Seriana nella bergamasca dove un tempo l'edilizia era considerata un'eccellenza