L’impressione immediata che credo di aver provato al termine di “Breakfast on Pluto” è stata quella di aver visto uno splendido film sull’amore.
Anche se l’amore questa volta è tutto racchiuso nel corpo androgino di Patrick (Patricia “Gattina”) Braden, un maschio che ben presto si rende conto di essere nato nel corpo sbagliato e per di più nel luogo sbagliato, la tradizionalista e cattolicissima Irlanda degli anni ’50. Situazione per di più aggravata dal fatto di essere figlio del peccato di un prete e di una servetta, fuggita nella grande Londra subito dopo averlo dato alla luce.
Eppure il nostro Patrick-Patricia, animato da un candore disarmante e sprovveduto, pieno di un’ingenuità tra il comico e l’irritante, riesce ad attraversare indenne il disprezzo della famiglia adottiva, l’ostilità delle istituzioni, l’omofobia della società, il dramma della guerriglia irlandese, l’inserimento nella Londra caotica e vitale degli anni ’70, sempre oscillando su zeppe incredibili, fasciato in abiti attillati e sbattendo imperterrito le ciglia sopra quei bellissimi occhi azzurri che faranno innamorare più di qualche uomo e intenerire tanti altri.
La sua dolcezza, la sua ricerca d’amore, sono a tratti persino commoventi, come lo è il pensiero ricorrente di ritrovare la sua “mammina” nell’immensità della grande Londra.
Cillian Murphy (il - o la?- protagonista) è meravigliosamente calato nel ruolo, e Neil Jordan gli ha cucito addosso un film originale che, suddiviso in tanti, brevi capitoli, passa con disinvoltura dalla cronaca all’onirico, dal surreale al comico, riprendendo alla lontana il suo “La moglie del soldato” sul quale autoironizza affidando una parte a Stephen Rea, che di quel film era uno dei protagonisti. Un buon cast e una eccellente colonna sonora (visto che siamo nei ’60-’70) completano un film decisamente “colorato” e in splendida antitesi al cinismo e alla disillusione dei tempi.
Globale ***3/4