Originariamente inviato da wsim
Questo film tutto spagnolo si proponeva l’ambizioso obbiettivo di condensare in due ore di cinema i cinque volumi delle avventure del capitano Alatriste, figura di avventuriero seicentesco inventato dalla penna dello scrittore spagnolo Arturo Pérez Reverte.
L’impresa era difficile e sembra non completamente riuscita per la troppa carne al fuoco che in maniera spesso disorganica viene presentata sullo schermo. Le vite del protagonista e degli altri personaggi attraversano oltre vent’anni di storia spagnola nella prima metà del ‘600, e il filo conduttore delle loro vicende personali è troppo episodico e frammentato per essere significativo, tanto che si rischia di perderne la traccia tra guerre, intrighi di palazzo, manneggi, amori, storia, politica, duelli e voltafaccia.
Tuttavia ho come il sospetto che questa apparente superficialità nella trama sia stata voluta per mettere in risalto la Storia per ciò che in realtà è, ovvero non lo svolgersi di grandi eventi, ma la somma dei tanti destini individuali che, più o meno consapevoli, sono al contempo protagonisti e vittime della storia e di quegli eventi. Le tante, piccole e dimenticate storie individuali che alla fine vanno a comporre la Storia, quella maiuscola che si studia sui libri. Ma anche storie delle quali, inevitabilmente, si perderà nel tempo la memoria.
Curiosamente, qualcuno ricorderà che proprio di storia e memoria avevamo parlato nel forum poco tempo fa…e ciò mi è tornato alla mente per cercare di dare una chiave di lettura più profonda a questo film…
Perché nelle storie individuali dei singoli personaggi c'è molto altro, l’atmosfera decadente della Spagna dell’imbelle Filippo IV e del potente ministro De Olivares, l’amarezza e l’umiliazione delle propria povera condizione sociale, l’angheria e l’indifferenza del potere, l’impossibilità in quell’epoca di sfuggire al destino che l’ appartenenza a una certa classe sociale cuciva addosso. C’è soprattutto un grandioso Viggo Mortensen nella parte del capitano Diego Alatriste, un Mortensen che con immenso carisma e perfetto “phisiqué du rhole” interpreta la figura malinconica di un soldato orgoglioso, che ha capito che non è né per il Re, né per la patria né per l’onore si combatte, ma per il dovere e per l’affetto dei propri compagni.
In verità non so se questo scavare nel profondo fosse il vero intento del regista, ma se lo era allora ci voleva una maggiore incisività nel racconto e maggior polso nella sceneggiatura.
Così come viene presentato, con i difetti cui ho accennato all’inizio, si rischia purtroppo di vedere il film come uno sceneggiato storico in salsa cappa e spada* girato senza risparmio di mezzi.
La fotografia infatti è sontuosa, la ricostruzione della Spagna seicentesca è perfetta e chiaramente ispirata ai dipinti ad olio di Velasquez, la colonna sonora molto spagnoleggiante è apprezzabile, ma tutto rischia purtroppo di rimanere in superficie, di rimanere negli occhi ma non “dentro”.
Peccato.
Globale **1/2
* domanda di una studentessa a un corso di cinema: “ma questi Cappa e Spada di cui sento spesso, quanti film hanno fatto assieme?”