All'inizio dell'estate, mi ero messa in testa di imparare a risparmiare. A partire dal cibo. Niente più robe strane ed inutili peccati di gola – mi dissi – iniziamo a fare spesa con oculatezza, comprando alimenti utili e che durano a lungo nel frigo e in dispensa.
Non so quanti di quelli che mi leggono vanno alla Coop. Oltre ai prodotti a marchio Coop, da un po' di tempo ci sono anche quelli ad ultrasottocosto senza marca. Sono riconoscibili dalle loro confezioni gialle e bianche, con la scritta nera che si limita a dire “birra” “mozzarella” “pasta” ed il logo è 1 euro che ti guarda felice ed amichevole, con un sorrisino da smiley MSN. Di questi prodotti ho comprato due tipi di pancetta (affumicata e dolce) e 3 pacchi di pasta. Fusilli, penne e spaghetti.
Partiamo dalla pancetta: l'euro ti sorriderà pure, ma una volta aperta la vaschetta emana un tanfo indefinibile come di... di... maialaccio zozzo stirato nottetempo da un'auto mentre scappava dal recinto. Perchè troppo... troppo... ma boh... più che una scrofa, uno scrondo. Non voglio farmi intimidire e la uso uguale, dicendomi che magari quello è il vero aroma di maiale verace e non edulcorato dai signori Beretta. Al gusto, non saprei com'è. A parte il fatto di essere a tocchettoni enormi, prima ho provato a mangiarne un po' insieme al boccone di penne e sembrava chewing-gum. Un coticone duro che ho letteralmente sputato. Cosa che in genere a tavola non faccio e non farei mai, ma questo è uno dei vantaggi nel pranzare, da soli, nella propria casa.
La pasta: costata meno di 50 centesimi, anzi credo 25 se ricordo bene. Per questa scelta sono stata abbondantemente perculata, essendo io cultrice di pasta. Innanzitutto, non bisogna lasciarsi ingannare dalle dimensioni, perché cresce tantissimo. In tempi di cottura più brevi rispetto a quelli biblici della De Cecco ed i canonici “8-minuti” della Barilla, se la togli anche un secondo prima, rimane croccantina, tempo 10 secondo dopo diventa scotta, annoiata ed asciutta come una Venere storpia. Probabilmente sarà fatto di quel frumento transgenico della Monsanto inviso come il demonio da parte degli ambientalisti. E a giudicare da quello che ho mangiato, ho fondati motivi di credere che abbiano ragione, ed è possibile che prima o poi mi spunti fuori il terzo occhio dalla fronte, come minimo.
Da bere. Ogni tanto al Coal fanno delle offerte. Tempo fa, ad 1 euro sempre, in offertissima! una novità assoluta: la birra EDELMEISTER, in bottiglia da 66cl. Facendo una ricerca immagini su google sembrerebbe che fosse la birra del Reich, vengono fuori svastiche e copertine del Mein Kampf. In realtà è una Pilsener polacca, con una bassa gradazione alcolica, e nell'etichetta il mezzobusto di uno tipo con un barbone. A guardarla bene è un po' inquietante, perché immagino che debba essere un qualche monaco invece è più simile ad un meno rassicurante Vlad l'Impalatore. Ok, bevuta fredda, non è che faccia proprio schifo come la Dreher di quest'inverno o la Bavaria, con il loro caratteristico gusto al piscio di cane. Però berla già aperta, dopo 3 giorni di stazionamento a mezza bottiglia in frigo, fa schifo sì. Al punto che dopo l'ultima sorsata mi sono detta da sola “Daniè, se ti devi bere ste birracce per risparmiare tanto vale che diventi astemia”.
Morale della favola: ci sono cose su cui non vale la pena spendere poco. Il prossimo che mi dice “eeeh ma vai a fare la spesa all'hard discount, io mi ci trovo tanto bene” o non sa cosa vuol dire mangiare, o è un masochista. In ogni caso, non fa per me. La vita è troppo breve per bere Tavernello.
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