Il liberismo è di sinistra, proclama fin dal titolo l’ultimo croccante pamphlet degli economisti Alesina e Giavazzi. Ma se il liberismo è di sinistra, la severità è di sinistra, la meritocrazia è di sinistra, il diritto alla sicurezza è di sinistra e pulirsi la bocca dopo aver mangiato è di sinistra, cioè se in questo Paese di conservatori anarchici tutti i valori della borghesia moderata che altrove vota Bush e Sarkozy sono diventati, o si accingono a farlo, di sinistra, chi e soprattutto cosa rimane alla destra? Le vallette, le barzellette, le partite di calcio, le partite Iva, i Suv nel centro storico, i picnic nel centro commerciale, la voglia di guadagnare, il bisogno di urlare, Lele Mora a torso nudo, Calderoli eloquio crudo, i nani da giardino, il badante marocchino, Silvio senza corona, Corona senza vergogna, le merendine da isola dei formosi, il matrimonio in chiesa e l’amante in hotel, viva gli sposi!, l’incenso preferito all’incensurato, il censo al senso
dello Stato, che poi è lo Stato che fa senso e chi riesce a fregarlo si illumina d’immenso, il sogno di abitare in una villa, il tacco dodici della Brambilla, Bossi, Rossi, purché Valentino, affogare l’ansia in un crodino, fare quello che ci piace e come filosofo Storace.
Insomma, nonostante il liberismo sia appena diventato di sinistra, la destra rimane largamente maggioritaria nel Paese.
Gramellini