Comunque, “Death of a President” è un verosimile documentario di fantapolitica. Molto ben realizzato sotto il profilo tecnico, mescolando interviste, fiction, riprese da telecamere interne, veri filmati di cronaca e commenti con lo stesso ritmo incalzante cui i media ci hanno abituato, il film attinge dalla realtà che già conosciamo della politica americana per costruire l’attentato a Bush a Chicago il 19 ottobre 2007, e i susseguenti, drammatici sviluppi: l’incertezza sulla sorte del presidente mortalmente ferito, la caccia al colpevole e gli arresti dei primi sospetti, la nomina a presidente del vice Cheney, la reazione americana, i funerali del presidente, la ricerca e l’analisi delle prove contro il presunto colpevole, il processo, gli eventi successivi.
Se c’è una certa ironia nera nel realizzare l’attentato come un mix tra l’omicidio dei due fratelli Kennedy, la ratio tutt’altro che ironica del film è un preciso atto d’accusa contro la politica del presidente Bush, ed in particolare contro le misure restrittive alla libertà personale conosciute come Patriot Act prese dopo l’11 settembre 2001 (nel film addirittura si ipotizza che si sia già arrivati al Patriot Act III - evidentemente deliberato dopo l’attentato a Bush); misure che come sappiamo hanno portato a schedare, intercettare, pedinare, perquisire e incarcerare migliaia e migliaia di cittadini americani, molte volte soltanto “colpevoli” di non approvare la politica del presidente o di opporvisi dichiaratamente (il che peraltro è perfettamente legittimo in qualsiasi democrazia).
Non è difficile inoltre individuare nel presunto colpevole l’emblema dei tanti presunti colpevoli finiti a Guantanamo o in carceri di paesi compiacenti senza prove sostanziali (vedi Abu Omar) , nè è difficile il paragone tra la reazione americana in politica estera dopo l’11 settembre e quanto si vede nel film.
L’ipotetico, prossimo futuro del film è in sostanza un’analisi impietosa del nostro presente e alla fine, se ai nostri occhi potrà apparire perfino ingenuo il movente che porterà l’attentatore a sparare a Bush, resta la domanda di fondo che ci si può porre: quanto può essere moralmente giustificabile l’aver sparato a un uomo che ha fatto della menzogna al popolo americano la sua politica? e che è responsabile della morte di migliaia di americani e non?
A margine, un’osservazione: gli americani, almeno, sulla propria politica ragionano, si esprimono e producono film come questo (ma ne hanno realizzati altri in passato non meno interrogativi).
In Italia, sotto questo profilo, facciamo veramente pena.
Concordo con il 7,5 espresso da bomboclat, anche se preferisco scriverlo ***1/2