Diversi anni fa avevo sentito parlare di “Dispacci” scritto da Michael Herr negli anni ’70, ed allora definito il più bel libro di sempre sulla guerra.
Ricordo che mi presi un appunto, purtoppo in seguito andato perso, e con l’andare del tempo me ne dimenticai completamente.
Quest’estate, rientrando dal lavoro, ascoltavo una trasmissione radioRai nella quale lo scrittore Roberto Saviano (quello sotto scorta per “Gomorra”) commentava un libro, di cui a tratti venivano letti alcuni brani. Il libro era proprio “Dispacci” di Herr, e Saviano lo definiva un libro fondamentale per capire l’uomo e il suo rapporto con la guerra. Mi ricordai subito di quel lontano appunto, e qualche giorno dopo comprai il libro, recentemente ristampato in Italia e rivisto nella traduzione.
Qualche giorno fa ho iniziato a leggerlo e l’ho terminato in poco tempo.
Il libro è la cronaca frammentaria, disordinata, emotiva, psichedelica, goliardica dell’esperienza sul campo del giovane Michael Herr, allora corrispondente per un’agenzia giornalistica americana, nel periodo cruciale della guerra del Vietnam, tra il 1967 e il 1968.
Ciò di cui non ero a conoscenza, e che ho appreso in seguito, è che all’esperienza di Herr, alla sua descrizione vivida di quei momenti, di quei giovani americani mandati là a migliaia di chilometri dal loro paese, si sono ispirati due grandi film su quella guerra, e su cosa diventa l’uomo in guerra.
Quando Francis Ford Coppola girò il suo “Apocalypse now”, all’opera finita mancava qualcosa per dare ancor più compiutamente l’idea del racconto, della discesa inarrestabile nella tenebra della guerra. Così contattò Herr,il cui libro, uscito nel 1977, aveva destato ammirazioni e polemiche.
Herr scrisse per Coppola tutti i dialoghi fuori campo che nel film sentiamo come riflessioni del Cap. Willard (Martin Sheen) . Non solo. Lo sceneggiatore John Milius prese dal racconto di Herr alcune scene del film, come quella del marine che spara con un lanciagranate al vietcong che urla ripetutamente nel buio “fottiti yankee…yankee fottiti…”
Qualche anno dopo Herr venne contattato da Kubrick, che stava per girare “Full Metal Jacket”, e Kubrick gli diede l’incarico di collaborare alla sceneggiatura, cosa che Herr fece trasportando nel film le scene della battaglia di Hue, e la scena autobiografica del trasporto in elicottero di se stesso verso il teatro di guerra, come il soldato Joker di “Stars and Stripes” nel film, riportando nella sceneggiatura lo stesso dialogo con il mitragliere dell’elicottero che aveva realmente avuto…
- Da quassù ho ammazzato 157 vietnamiti e 50 bufali, signore!
- Ma anche donne e bambini?
- Certo, quelli sono più facili, sono lenti…(ride…) [nel libro il mitragliere aggiunge: e poi ci vuole così poco piombo]
Leggendo il libro si capisce meglio come quei due grandi registi siano riusciti a trasporre al meglio la devastazione della guerra e l’indifferenza degli uomini convolti verso la morte, il sangue, l’orrore. Diventa normale l’entusiasmo per aver ucciso. Diventa normale persino lo stupore del marine che aveva spedito alla fidanzata in patria l’orecchio tagliato ad un vietcong, e si meravigliava di non ricevere più lettere di risposta. Diventa normale comprendere come l’unica cosa che interessava veramente a quei ragazzi non era ciò che facevano, ma soltanto sopravvivere e tornare a casa.
Diventano normali anche la visione ed i commenti di questo libro (Fucked Up) sull’attuale guerra irachena.
http://bur.rcslibri.corriere.it/bur-fuckedup.php
Chi avesse a portata di mano il DVD o la VHS dei due film vi troverà stampato il nome di Herr, che peraltro appare anche nei titoli di coda.
I più curiosi troveranno in rete diverso materiale sul libro di Herr, tra cui segnalo un bell’articolo apparso sul Venerdì di Repubblica e uno da Il Giornale.