per i nostalgici:
BRUXELLES - Il condono Iva previsto nella Finanziaria 2003 (il cosiddetto condono fiscale tombale) viola gli obblighi della sesta direttiva Iva e il principio generale della leale collaborazione tra gli Stati membri e la Comunità europea. È quanto sostiene l' avvocato generale dell'Unione europea Eleanor Sharpston nelle sue conclusioni, che nella grande maggioranza dei casi sono poi seguiti dalla Corte di giustizia del Lussemburgo.
ITALIA DEFERITA - L'Italia era stata deferita davanti alla Corte dalla Commissione europea per aver consentito ai contribuenti di potersi avvalere di un condono, rinunciando a procedere ai controlli sul periodo interessato. L'Italia, ricorda la Corte, ha sostenuto che l'effetto del condono non è stata una rinuncia «generale e indiscriminata» e che è stato utilizzato solo da una parte di contribuenti. Sharpston però ricorda che lo scopo dei condoni «è incoraggiare pagamenti volontari concedendo l'esclusione della punibilità, cercando però di non rendere più vantaggioso evadere e successivamente ravvedersi». Per poter essere efficaci - precisa ancora l'avvocato Ue nelle sue conclusioni che serviranno alla Corte per emettere la sentenza - i condoni fiscali tra l'altro dovrebbero essere concessi una tantum, dovrebbero comportare il pagamento quanto meno del dovuto e di interessi, e dovrebbero essere accompagnati almeno da un «credibile annuncio» di incremento dei controlli.
NON COMPATIBILI - «Il condono italiano - puntualizza Elenanor Sharpston - non sembra presentare nessuna di queste caratteristiche». Per l'avvocato, si legge in una nota della Corte, i metodi per generare gettito previsti dagli articoli 8 e 9 della legge Finanziaria del 2003 non sono compatibili con le modalità di riscossione dell'Iva imposte agli Stati membri dalla sesta direttiva Ue. Il provvedimento italiano sarebbe responsabile di premiare l'evasione più dell'assolvimento degli obblighi fiscali e «lascia intravedere una plausibile speranza in altri rimedi simili nel futuro». Per questo l'avvocato suggerisce alla Corte di dichiarare che l'Italia ha violato gli articoli 2 e 22 della direttiva Iva e l'articolo 10 CE.
Corriere.it