Originariamente inviato da lookha
Domenica c'era un articolo interessante sul giornale, scritto dal n.2 dei Socialisti Catalani.
l'ho tradotto.
Da piú di 15 anni, dopo la caduta del muro di Berlino, si parla in modo regolare della crisi del socialismo democratico e del necessario rinnovamento del suo discorso. Questa presunta crisi, però, non obbedisce a nient’altro che alla crisi di una determinata forma di comprendere il socialismo. Questo socialismo in crisi è quello che ancora oggi si nutre direttamente o indirettamente dalle sorgenti del marxismo e continua pensando che lo statalismo e l’interventismo (rafforzamento?) dei poteri pubblici siano la soluzione a tutti i problemi della società. L’incapacità del socialismo francese di trovare un discorso coerente con la sua pratica politica, è l’esempio più lampante.
Esiste pero un’altra corrente di pensiero che non solo si è adattata meglio ai cambi degli ultimi decenni, ma che ha una lunga tradizione che risale agli anni trenta del XX secolo: il socialismo liberale.
Il socialismo liberale cominció ad essere teorizzato come sistema intergrante degli ideali di libertà e giustizia da parte di un socialista italiano che, dopo esser stato riconosciuto come uno dei leader con piú futuro della sinistra italiana, fu assassinato da Mussolini nel 1937: Carlo Rosselli.
Rosselli, già nel 1930, affermava che il socialismo fosse la filosofia della libertà e pronosticava che un giorno il termine liberale sarebbe stato usato “con coscienza orgogliosa” dai socialisti. Secondo lui il socialismo non era nient’altro che lo sviluppo logico, portato alle estreme conseguenze, del principio di libertà. E bisogna farlo non solo basandosi su nuove leggi, ma nella trasformazione reale delle strutture sociali.
Per il pensatore italiano i socialisti non devono avere l’illusione di possedere il segreto del futuro nè di credersi depositari dell’ultima verità nei temi sociali. Devono essere relativisti, però di un relativismo chee spinge all’azione e crede nella forza di volontà umana come motore della storia. Una volontà basata sulla cultura del lavoro.
Carlos Rosselli, nel suo tentativo di definire un socialismo liberale, non rinunciava a nessuno dei suoi principi pero lí passó tutti per il filtro della realtá. Ed è questo realismo che lo rende attuale: più di 70 anni dopo, non solo continua a generare domande pertinenti, ma ci indica un atteggiamento che bisognerebbe prendere in relazione al mondo e alla società.
Un atteggiamento realista, che non evita nessuna delle contraddizioni generate dalla dottrina socialista tradizionale e che lo portó a difendere posizioni antiideologiche e antilaiche. Posizioni che lo obbligarono a rinunciare, perfino, alla vecchia idea internazionalista per accettare che i socialisti devono assumere pienamente l'identità nazionale come propia e non rinunciare a costruire un progetto nazionale per il loro paese.
Questi atteggiamenti lo fecero avvicinare al laborismo britannico, che sempre è stato attento ai problemi concreti e ha cercato di evitare lotte ideologiche dai tempi di Clement Attle e Ernest Bevin fino a Gordon Brown.
Di fatto, anche oggi, e davanti al disorientamento del socialismo francese e della socialdemocrazia tedesca, il laborismo britannico continua ad essere un riferimento del socialismo liberale. Un socialismo che si reinventa e cerca soluzioni innovative ai nuovi problemi.
Una battaglia che oggi, come segnala Anthony Giddens, va vinta sul terreno dei valori difendendo un’uguaglianza che vada accompagnata dalla responsabilità individuale, e dall’ambizione di prosperare, come unica via per promuovere in modo efficace la mobilità sociale. Un liberalismo basato sulla volontà di offrire costantemente nuove opportunità per tutti, fino al punto di creare una vera “società delle opportunità”, che rivendica il bisogno di rafforzare i vincoli della solidarietà sociale per mantenere la coesione sociale.
José Zaragoza. Secretario de organización del PSC
dal punto di vista italiano, chi incarna oggi questi ideali?