dal manifesto del 18 dicembre
La breccia del Campidoglio
Micaela Bongi
«La chiesa di Roma sta a Roma. E questa è una complicazione vera». Così Giovanni Sartori concludeva il suo editoriale di domenica sul Corriere della sera. Il politologo parlava della legge elettorale e di Walter Veltroni, atterrito dalla eventuale nascita di un centro che in Italia, all’ombra del Cupolone, diventi l’ago della bilancia del sistema politico. Il leader del Pd, con il Vassallum, non vuole rendere irrilevante quel centro per paura che possa condizionare a piacimento una maggioranza o l’altra. Quel centro Veltroni vuole sostituirlo, assumendolo nel suo partitone: la Cosa bianca non nascerà, dice al Foglio, perché «la Chiesa italiana, che ha avuto come riferimento politico un grande partito come la Dc», non può «avere come riferimento politico una forza dell’8 o 9 per cento».
Ecco dunque che il segretario del Pd si offre alla Chiesa italiana non solo con vaghe promesse. Sull’altare del nuovo bipolarismo Veltroni è pronto a sacrificare persino la «laicità delle istituzioni», rimarcata in un ordine del giorno presentato nel consiglio comunale di Roma sul quale i «democratici» non si sono voluti accordare perché troppo osé. Proprio così. Quello che è accaduto ieri in Campidoglio, con la bocciatura delle delibere che chiedevano che anche nella capitale - come già in decine di città italiane - fosse istituito il registro delle unioni civili, è un altro fondamentale tassello della svolta veltroniana. Dopo aver imposto al governo il decreto anti-rumeni, che seppur rimaneggiato e ora a rischio di stop da parte del Quirinale, ha segnato un passaggio simbolico, il sindaco entra platealmente in rotta di collisione con la sinistra. In Campidoglio il Pd vota con la destra e contro i radicali, i socialisti e i partiti arcobaleno con cui governa Roma: il registro delle unioni civili non deve passare. Di più: la parola «unioni» non deve comparire in nessun documento al vaglio dell’assemblea. Il partito del sindaco concede al massimo un ordine del giorno - di quelli che non si negano a nessuno perché innocui - che faccia il punto sulle «opportunità» già offerte dal comune alle famiglie anagrafiche. E che chieda al parlamento - quello dove la teodem Paola Binetti vota tranquillamente contro la fiducia perché contraria a una norma antiomofobia - di legiferare in materia. Niente registro comunale, perché «siamo contro gli atti simbolici», dichiara il capogruppo del Partito democratico Pino Battaglia.
Infatti anche un atto solo simbolico (in realtà l’iniziativa del registro può essere riempita di molti contenuti) avrebbe avuto un grande valore. Soprattutto dopo l’editoriale di domenica sull’Avvenire che dettava nei minimi particolari ai consiglieri comunali di Roma la posizione da assumere al momento del voto. Quell’editoriale è andato a segno. Il Pd romano si genuflette e demolisce la coalizione. Il Pd nazionale, grande partito a vocazione maggioritaria, può legittimamente aspirare a essere il riferimento politico della Chiesa italiana.