3 febbraio 1998 - 3 febbraio 2008
Di tutte le storie che si potrebbero raccontare questa è la più incredibile, la più assurda, la più terribile. Quattro ragazzotti che giocano con un aereo militare, con meno serietà di quanta ne possa avere un bambino alle prese con un lego. Ebbene, la storia comincia così, con un gioco spaventoso: vince chi porta quel gioiello tecnologico sotto i cavi di una funivia. Più che un gioco è una sfida, un rito di iniziazione. "Come, tu non l'hai mai fatto?" "Caspita, Ricky, io sono solo un sergente..." "No, tu non sei un sergente, sei un senza palle."
E invece, chi conduce il gioco, di palle ne ha così tante che ad un certo punto, forse a causa del peso, l'aereo si abbassa fino a lambire la valle, a sfiorare i campanili, le chiese dove i parroci stanno confessando le beghine, i bar con quei tavoli pieni di carte, bianchetti e sigarette, le piste da sci rigate dai turisti e l'aria che sa già di carnevale.
Ma il gioco prosegue e nella fusoliera non si sente nulla, solo i rigurgiti della radio e qualche bip. L'aereo si muove ad una velocità folle. Se sei giù, nella valle, riesci a sentirne solo il rumore. Per vederlo devi proprio trovarti lì, con lo sguardo appiccicato alla rotta, quando quello passa. Forse fai appena in tempo a scorgere quella strana antenna sul muso. E' un aereo da guerra, ma fa un po' ridere, non ha la linea e l'aggressività di un F-16, la classe di un Tornado; è il fratello scemo di un aereo da guerra. Però va da dio, veloce come una scheggia.
" Here, we are..." "Caspita, Ricky non vorrai mica... non starai mica pensando di farlo veramente?" "Shit! God damn' it!" "Tiralo su, Cristo, tiralo su!"
Talvolta un gioco può chiudersi in questo modo, senza vincitori. Tutti sconfitti. Capita che un gioco possa andare – come si dice – a puttane.