110 e lode in filosofia con una tesi su Heidegger non bastano alla giovane e brillante Marta (Isabella Ragonese) per trovare un lavoro adeguato alla propria preparazione culturale. Tanti curriculum, una marea di sorrisi e complimenti, ma niente di concreto. Mentre il fidanzato se ne vola in America all’inseguimento di una ricca borsa di ricerca, a Marta non resta che arrabattarsi alla ricerca di un lavoro occasionale.
Le circostanze la porteranno a diventare telefonista (precaria) presso il futuristico call-center della Multiple, azienda specializzata nella vendita di minielettrodomestici multiuso.
La struttura, organizzata secondo i riti ed i modelli del multilevel-marketing all’americana applicato al lavoro dipendente, coinvolgerà Marta in una curiosa esperienza di vita e di crescita personale.
Il film diretto da Paolo Virzì si rifà allo schema tipico della commedia all’italiana di un tempo: lavorare su toni apparentemente leggeri per inserirvi tematiche più profonde e legate all’attualità del momento. Ne risulta un film che centra l’obbiettivo: riesce a divertire con ironia, graffia quanto basta, ma suscita anche un profondo disagio attraverso una spietata analisi delle situazioni e dei personaggi. Ottimo anche l’uso della protagonista nell’inconsueto ruolo di “terzo occhio”, coadiuvata dalla voce narrante fuori campo. Virzì infatti assegna a Marta un certo algido distacco e quel tanto di ambiguità che la trasformano ai nostri occhi in una sorta di neutrale osservatrice di un mondo grottesco, paradossale e feroce, tremendamente reale nonostante le enfatizzazioni tipiche di ogni film: un modo elegante per invitarci a trarre le nostre personali conclusioni sul tema del film, il lavoro precario.
Un plauso generale al cast su cui troneggia una stupefacente Sabrina Ferilli e un sorriso sui titoli di coda (da non perdere), che stemperano il pessimismo amaro della pellicola. “Tutta la vita davanti”: già, ma che vita?
Globale ***1/2