Nel Brasile del 1970 l’interesse del dodicenne Mauro è tutto per gli imminenti Mondiali di calcio in Messico e per lo squadrone del Brasile dei grandi Pelè, Jairzinho e Tostao, le cui figurine raccoglie e incolla amorevolmente nel prezioso album dal quale manca (pare sia rarissima!) la figurina di Everaldo.
Ben altre sono le preoccupazioni dei genitori, attivisti politici che si oppongono alla dittatura militare di quegli anni, costretti a una fuga precipitosa dal paese dopo aver deciso di affidare il piccolo Mauro al nonno che vive a San Paolo, dove arrivano dopo un viaggio pieno di tensione repressa, col Maggiolino azzurro di famiglia.
L’addio dei genitori è commosso e frettoloso, Mauro lasciato sul marciapiede di un quartiere sconosciuto è totalmente disorientato e per lui le sorprese non sono finite. Il nonno, infatti, è morto poche ore prima e il ragazzo si trova suo malgrado affidato alle cure del suo vicino di casa, un anziano e burbero ebreo polacco, Shlomo, membro della comunità ebraica del multietnico quartiere di San Paolo dove, novello Mosè, è piovuto il ragazzino. E proprio come fosse un Mosè la comunità ebraica finirà per occuparsi di Mauro, che conoscerà gradualmente gli altri occupanti del quartiere: coetanei la cui attività preferita è spiare le clienti che si spogliano nei camerini di un negozio di abbigliamento per poi sfogarsi su campetti improvvisati giocando a calcio tra una partita del Brasile e l’altra, partite seguite in televisione dall’intero quartiere con un tifo indiavolato che accumuna tutti: vecchi ebrei, italiani, neri, bambini, donne, studenti, diversità culturali, storiche ed etniche che trovano in quelle immagini sfuocate in bianco e nero un comune denominatore che li unisce in una unica, grande forza, resa con viva intensità da splendide sequenze.
Il film riesce a raccontare una storia di formazione giovanile con delicatezza, intensità e sensibilità, muovendosi sui toni della commedia con momenti a tratti esilaranti, ma non trascurando lo sfondo drammatico del Brasile di quegli anni. E’ molto bello in questo film il modo di scoprire le diverse realtà di vita sociale e familiare attraverso gli occhi di Mauro, e la naturalezza con cui il ragazzo si adatta a quel momento difficile della vita che è il passaggio tra infanzia e adolescenza, grazie all’equilibrio intelligente della regia che conferisce al racconto un tono poetico e mai forzato, mai retorico. Straordinario e commovente il suo rapporto con l’anziano ebreo Shlomo.
Una sorpresa questo film, una sorpresa avvincente, umanissima, di grande originalità.
Globale ****1/2
P.s.: Che effetto risentire il rumore del motore del Maggiolino VW, e quelle partite in bianco e nero…
Il film è tutto brasiliano, diretto da Cao Hamburger. Ha avuto un ottimo successo al Festival di Berlino dello scorso anno. Dopo più di un anno è arrivato sui nostri schermi, forse per caso.
Ah, la distribuzione…