ROMA - Un'altra misura del decreto legge sulla manovra è finito nel mirino di opposizione e sindacati. La contestazione riguarda la norma che pone una stretta sui requisiti per accedere all'assegno sociale. I nuovi criteri, introdotti durante una seduta notturna a Montecitorio, prevedono infatti la residenza continuativa in Italia per almeno 10 anni e la necessità di dimostrare, sempre negli ultimi 10 anni, di aver lavorato e versato contributi per ottenere l'assegno. La legge attualmente in vigore, incece, prevede che possano richiedere l'assegno sociale i cittadini italiani (e i cittadini Ue o extracomunitari con permesso di soggiorno) oltre i 65 anni a prescindere dal versamento dei contributi.
«COLPITI ANCHE ITALIANI PIU' POVERI»- La nuova misura, sostiene l'opposizione, non colpirà solo gli extracomunitari ma anche gli italiani delle fasce più deboli, ad esempio casalinghe, religiosi, emigrati. «Con un colpo di mano notturno e senza alcuna possibilità di discussione, la maggioranza ha cancellato di fatto e in un solo colpo 800 mila assegni sociali», dichiara il deputato del Partito democratico Luigi Bobba. «Gli emendamenti all'articolo 20 del decreto legge sulla manovra economica, votati dalla maggioranza, azzerano nella pratica la platea di quanti, casalinghe, lavoratori in nero, disoccupati, religiosi missionari, emigrati che rientrano in Italia, avendo superato i 65 anni d'età e non percependo alcun reddito, avevano fino ad oggi beneficiato di un minimo sostegno assistenziale, come tra l'altro sancito dall'articolo 38 della Costituzione», sottolinea Bobba.