«Abbiamo preso atto delle richieste del mercato - commenta il ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia - in particolare della domanda dei Paesi del nord Europa, dove il “bag in box” può essere un utile strumento di penetrazione per il vino italiano.»
Insomma, una decisione pragmatica, presa anche considerando che i francesi, nostri storici concorrenti, il tetrapak lo usano da tempo.
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Qualche riserva sull’opportunità di aprire al «bag in box» lo avanza il direttore di Assoenologi, Giuseppe Martelli: «I dati dell’export dei primi quattro mesi 2008 indicano crescite attorno al 10%, quindi forse non era così urgente girare pagina. Detto questo è chiaro che in un mercato dove il vino non ha tradizioni, come nel Nord Europa, il contenitore è assolutamente ininfluente: la cosa importante è il rapporto qualità-prezzo. Noi però abbiamo fiori all’occhiello da difendere che potrebbero accusare un effetto-tetrapak indiretto sulla loro immagine. Quindi non è detto che si debba seguire a tutti i costi le indicazioni di un mercato, anche perchè, una volta aperta una porta di lì ci può passare di tutto».
Decisamente deluso Gigi Piumatti, curatore della «Guida ai vini d’Italia» di Slow Food e del Gambero rosso: «Ormai si va verso il fondo. L’Italia ha delle Doc che hanno diritto a tutto ciò che meritano: buoni tappi, eleganti etichette, e belle bottiglie. E’ il vetro, per tradizione e purezza, il miglior contenitore per il vino».