Ribadendo che le rassegne estive sono una bella invenzione, ecco qua:
La zona
La zona è un quartiere ricco di Città del Messico, circondato da mura e filo spinato, sorvegliato costantemente da guardie armate. All’interno villette col prato inglese, SUV, campi da golf, scuole ed ospedali privati, ogni tipo di confort per i residenti. Fuori, il caos edilizio, la miseria e la sporcizia dei suburbi della megalopoli messicana.
Per un caso fortuito, tre ladruncoli riescono ad introdursi nella zona, due vengono subito beccati, il terzo, un ragazzino, si nasconde sfuggendo ad ogni ricerca, mentre i residenti blindano il quartiere, escludono la polizia dalle ricerche, decidono di farsi giustizia in proprio. Solo un ragazzo del quartiere, venuto a contatto con l’intruso, riuscirà a rendersi conto dell’ipocrisia della situazione.
Film messicano molto interessante, che con una metafora piuttosto scoperta mette a confronto la parte ricca e la parte povera del mondo, e ne rappresenta drammaticamente l’incomunicabilità.
Globale ***1/2
L’ultima missione
Eccellente noir francese d’altri tempi, un Jean Gabin o un Lino Ventura potevano starci in pieno, e il regista Olivier Marchal (già ex-poliziotto ed autore del valido “36 Quai des Orfevres”) ci mette dentro tutti gli ingredienti tipici del genere: Marsiglia, un poliziotto finito ed alcolizzato, criminali spietati, una bionda devastata dal senso di colpa.
Nonostante gli stereotipi, la realizzazione è notevole. Fotografia volutamente cupa, inquadrature a tratti disturbanti, attori (tutti) decisamente in palla, il protagonista, Louis Schneider (l’attore Daniel Auteuil, bravissimo) che impersona una classica figura di anti-eroe tormentato tra il dovere e il suo dramma familiare, il ricorso frequente a primi piani impietosi e indagatori, qualche flasback, tutto tiene desta l’attenzione, fondamentalmente concentrata nell’indagine su un serial-killer e sull’ uscita di galera di un altro feroce criminale.
Due storie parallele che si intrecciano nel film e che coinvolgono entrambe Louis Schneider, fino a un finale di rara intensità emotiva, un crescendo di vita e morte, morte e vita, sangue per chi nasce, e sangue per chi muore, sangue che scende da un Cristo appeso al muro, forse versato invano per questo povero e malato mondo.
E’ tratto da una storia vera, forse dalle memorie dello stesso regista ex-poliziotto, e un paio di auto vintage messe lì non a caso probabilmente riportano all’epoca in cui si svolsero realmente i fatti.
Globale ****
Il caso Thomas Crawford
Se nei due film qua sopra non si ride affatto, in questo, a tratti decisamente brillante, qualche sorriso spunta volentieri.
I due protagonisti, Anthony Hopkins (che non ha bisogno di presentazioni) e il giovane Ryan Gosling, alzano il tono di quello che potrebbe essere un comune legal-thriller e proprio nel rapporto tra i due, condito con abbondante humour nero, si godono le parti migliori della pellicola, che per altri versi non è affatto convincente, e tra l’altro (purtroppo) proprio in punti chiave della trama, soprattutto nella seconda parte del film.
Thomas Crawford (Anthony Hopkins) è un industriale aeronautico che viene cornificato dalla bella moglie. Decide di ucciderla, di farsi arrestare, di confessare il delitto, ma nell’udienza preliminare per nominare il proprio avvocato sceglie, sorprendentemente, di difendersi da solo. Il pubblico accusatore (Ryan Gosling) sbigottito dalla sicumera dell’imputato, nonostante sia in procinto di abbandonare il ruolo per trasferirsi in un ricco studio legale, accetta di condurre il processo vista la limpidezza del caso, ma…
Globale **3/4