Sembra che per noi, e per l’Europa, il fatto che in tante parti del mondo persone di fede cristiana vengano perseguitate e, con frequenza, uccise, non sia un problema sul quale occorra sensibilizzare l’opinione pubblica. Eppure i fatti sono chiari. In un’epoca di risveglio religioso generalizzato sono ricominciate in molti luoghi le guerre di religione ma con una particolarità: in queste guerre i cristiani sono solo vittime, mai carnefici.
Da dove deriva tanto disinteresse per la loro sorte? Sono all’opera diverse cause.
La prima è data da quell’atteggiamento farisaico secondo il quale non conviene parlare troppo delle persecuzioni dei cristiani se non si vuole alimentare lo «scontro di civiltà ». [...]
C’è anche una seconda causa. Sotto sotto, c’è l’idea che se uno è cristiano in Pakistan, in Iraq, in India o in Nigeria, e gli succede qualcosa, in fondo se l’è cercata. La tesi dei fondamentalisti islamici o indù secondo cui il cristianesimo altro non è se non uno strumento ideologico al servizio della volontà di dominio occidentale sui mondi extra occidentali sembra condivisa, qui da noi, da un bel po’ di persone.
Persone che credono che l’Europa debba ancora fare la penitenza per le colpe (alcune reali e altre no) accumulate nei suoi secolari rapporti col mondo extra occidentale. Ne derivano il silenzio sulla libertà religiosa negata ai cristiani, soprattutto nel mondo islamico, e il disinteresse per le persecuzioni che in tanti luoghi, islamici e no, subiscono. Ne deriva anche una sorta di illusione ottica che a molti fa temere di più i segnali di risveglio cristiano (del tutto pacifico) in Italia che tante manifestazioni di barbarie religiosa altrove.