ROMA - "Certo che è lui. L'ho visto benissimo". Michele F., 16 anni, si contorce come se lo avessero colpito allo stomaco, congiunge le mani in un gesto di supplica: "Ma quando? Quando m'hai visto? Dimmelo, non mi rovinare". Adesso piange senza vergogna, tutta la spavalderia che ha mantenuto per oltre un'ora si è dissolta in un attimo, il teppista arrogante è tornato un ragazzino impaurito mentre i vigili dell'VIII gruppo di Roma lo accompagnano all'ufficio foto segnaletiche.
Comando della polizia municipale, terzo piano. Vecchi mobili, vecchi computer, finestre ingiallite. Dalla finestra si vede l'autoparco dove, da dieci giorni a questa parte, una banda di teppisti ha fatto il tiro a segno con sassi e bottiglie sulle macchine e perfino su un'ambulanza. Sulle scale, qualche giorno fa, un ambulante ha minacciato per ore il suicidio dopo il sequestro della merce e solo l'intervento del fratello (un comico romano abbastanza noto) l'ha convinto a scendere dalla ringhiera.
Urla, proteste, svenimenti sono all'ordine del giorno. La municipale da queste parti è più polizia e perquisizioni che multe e verbali, quasi tutti i vigili sono armati, hanno facce indurite e tono bonario da veterani di strada, abituati a risse, fughe e inseguimenti. Il comandante, Antonio Di Maggio, responsabile del gruppo sicurezza urbana del comune, entra ed esce di continuo, urlando a cinque telefoni contemporaneamente. Dalla stanza attigua, con la porta socchiusa, il cronista osserva e sente tutto. Avanti il primo.
Michele è alto, magro, ha un bel viso pulito, una felpa immacolata con la scritta blu "Gas", jeans strappati ad arte, cappellino bianco, grosse scarpe sportive. La nocca della mano destra sanguina per l'impatto sui denti di Tong Hongshen, 36 anni, dallo Zhejang, ultima vittima innocente di un bullismo misto a razzismo, teppismo puro.
"Come te la sei fatta quella ferita". "Stavo a lavorà in cantina, giuro, io sono uno pulito, vado a scuola, non ho fatto niente, se lo dite a mio padre quello m'ammazza....". E' una cantilena incessante e lagnosa, una sorta di soliloquio. I vigili lo lasciano parlare, non lo interrogano in attesa del magistrato e dei parenti. "Ma perché dici tutte stè bugie? Lo sai che stavolta ti sei cacciato in un sacco di guai?" si lascia scappare uno che più che suo padre potrebbe essere suo nonno.
"Ma io non ho fatto niente, giuro, giuro, sono uscito da scuola e sono andato per negozi con gli amici". Quali amici? Alzata di spalle, sconsolata "Beh... Boh". Ti ha visto qualcuno nei negozi? Nuovo gesto di sconforto. "Che ne so, boh...". Poi ricomincia, ormai sull'orlo delle lacrime: "Non chiamate mio padre o mia madre, quelli non ci credono che io non c'entro, succede un casino, per favore...".
Entra Fernando Vendetti, giacca blu, camicia bianca, cravatta, sigaretta sempre accesa, l'uomo che ha visto tutto. E' consigliere circoscrizionale Pdl ma qui è soltanto un testimone attendibile, sicuro, di quelli che ti inchiodano senza pietà. E non esita un secondo. "Certo che è lui, ne sono sicuro al cento per cento". Per Michele è la mazzata finale, gli ultimi brandelli di dignità si sgretolano in un lampo, prega, supplica, piange.
"Ma quando, quando mi hai visto? Non mi rovinare". Vendetti esce, lui resta solo in attesa delle foto segnaletiche e si abbandona alla disperazione. "Mannaggia, mannaggia, ma perché mi succede questo? Non mi faccio le canne, vado a scuola, i miei lavorano, regolare, perché ce l'avete con me?". "Guarda che se dici la verità e magari chiedi scusa a quel signore che hai picchiato forse te la cavi senza troppi problemi" azzarda un giovane vigile con la piastrina a tracolla come in un film americano. "Ma che, non c'entro, non ho fatto niente". Via, in questura e tocca agli altri.
Un cicciottello in tuta, quindici anni che sembrano due di meno, tesisissimo ma, a quanto sembra, fiducioso. Si presenta con cognome e nome, come a scuola. Vendetti lo guarda a lungo: "No, questo non me lo ricordo... E comunque gli altri si sono limitati a guardare, l'unico che ha menato è stato quello di prima". Il cicciottello sospira sollevato. Un quindicenne con una grossa felpa bianca piena di metallo, scritte e lustrini, i capelli tenuti su col gel in una specie di pera, orecchino, occhi duri da adulto, mascella serrata.
"Si, c'era anche lui, ne sono sicuro". Il ragazzino lo guarda duro, le mani a pigna davanti alla faccia. "Ma de che? Ma che stai a di'?" prorompe aggressivo. Un vigile coi capelli bianchi alza la voce: "Aho, bambino, educazione: qui dentro il coatto non lo puoi fare, capito?". Fuori anche lui. Un adolescente coi capelli a zero e il piercing sul labbro inferiore con una faccetta paffuta che fa simpatia.
"Non mi ricordo neanche lui" ammette Vendetti, il testimone che poi non riesce a trattenersi. "Dì un po': ma quell'affare non ti dà fastidio ai denti?" "Ma no, dopo un po' ci si abitua però dicono che alla lunga li rovina, boh....".
Eccone un altro, tuta e piercing dappertutto, aria tosta, guarda il testimone come se volesse spaventarlo, bisogna cavargli nome, indirizzo, telefono e nomi dei genitori con le pinze. In corridoio, un ragazzo smilzo con la scritta "Messico" sulla maglia della tuta sta facendo uno show da duro. "E se non mi va di scrivere?" risponde a un vigile che gli porge foglio e penna per i dati anagrafici "Scrivi tu, che c... voi?".
Quattro o cinque vigilesse, bonarie come zie, tentano di fargli cambiare atteggiamento con le buone ma quello insiste, rifiuta di sedersi, sbraita. Un carabiniere che entra ed esce dagli uffici perde la pazienza e caccia due strilli: "Senti un po', non me ne frega niente se sei scemo o cosa... Rispondi a tono e guai se ti vedo ridere ancora". Zitto all'istante, un mezzo ghigno timoroso tanto per salvare la faccia. Arrivano i genitori, è il momento delle lacrime e degli sganassoni. Uno torna bambino all'istante. "A ma', mi dispiace..."
http://www.repubblica.it/2008/10/sez...n-caserma.html
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vigliacchi e codardi, alcuni schifosi esemplari coglioni della nuova geneazione di minorenni.