Prima cosa: scavalcare. "Lì in mezzo, tra la porta numero 3 e la 4, vai tranquillo", mi suggerisce Driss, un ragazzo marocchino, sorriso sghembo e infreddolito. Se vuoi lavorare come schiavo delle cassette, all'Ortomercato di Milano, devi arrampicarti su questa barriera di ferro - saranno tre metri e mezzo d'altezza - che gira sui quattro lati e che ora traballa per i movimenti accelerati e scomposti di chi sale sopra e salta dall'altra parte. Le quattro di notte. Sono dentro. "Vai al piazzale 60, o al 61, o al 62, o al 63, che c'è lavoro". Calpesti uno dei 450 mila metri quadrati del mercato e ti sbatte addosso la sensazione di essere in un posto dove non sei nient'altro che braccia, ma dove un misero lavoro nero - questo sì - puoi cercarlo in libertà. Senza nessuno che ti punta, che ti intralcia...
... i camioncini degli ambulanti che aspettano il carico... i caporali che smistano il traffico umano.
... il regno del racket delle braccia e delle cassette. Si lavora come servi. Sembra di stare nell'800 sudamericano, o nelle campagne meridionali degli anni Cinquanta. Invece è Milano, la capitale economica d'Italia.
... Qui dentro si carica e si scarica frutta e verdura per sei o anche dieci ore di fila: dall'una di notte alle undici del mattino. Si guadagnano 15-20 euro. Sfruttamento schifoso, tanto al chilo.