Ho tradotto un articolo molto interessante che appare oggi in edicola.
http://www.lavanguardia.es/internaci...del-islam.html
Lo trovo chiaro, preciso e soprattutto, credo che sia esatto in gran parte di quello che scrive.
Secondo voi?
“La Jihad è la rivoluzione permanente per il movimento islamico”, scrisse http://it.wikipedia.org/wiki/Sayyid_Qutb ]Sayyid Qubt[/url], uno degli ideologi del fondamentalismo, nel suo libro più emblematico, “Segnali sul cammino”, pubblicado nel 1964. Il suo omologo pachistano, Abu Ala al Maududi, fondatore della sanguinaria Yamaa Islamiya – responsabile degli attentati di Bali- fu altrettanto esplicito nei libri che pubblicò, prima di morire a Lahore nel 1979: “o c’è Islam o c’è yahiliyya”, ovvero, o c’è Islam o c’è apostasia, odio contro Dio. L’opzione, quindi, per il buon credente si presenta inesorabile.
A differenza della Jihad del cuore, che è una lotta spirituale, la Jihad della spada aveva bisogno di organizzazione, reclutamento e azione violente, e per quel triple bisogno, lavorarano a fondo dagli inizi del XX secolo. La prima cosa che è fondamentale capire, quindi, è che la violenza jihadista non è né un fenomeno recente, né è locale, né è spiegabile nei termini del terrorismo classico. I suoi tempi non sono i nostri, le sue cause non sono quelle ovvie, i suoi movimenti non sono prevedibili.
Se osserviamo il fenomeno con la lente geopolitica, le sue motivazioni potrebber vincolarsi alle cause nazionali classiche: Cachemire, Palestina, Cecenia, Mindanao, i uiguri di Xinjiang...-, però in realtà quelle cause non sono l’obbiettivo del jihadismo, ma la fonte delle sue giustificazioni.
È sufficiente leggere gli scritti dei loro capi, per capire che il concetto occidentale di jihadismo è inservibile. Dokky Umarov, nel suo proclama unilaterale dell’Emirato Islamico del Caucaso, lo disse chiaramente: “Noi siamo parte indivisibile della Umma islamica e non è necessario determinare le frontiere. Il Caucaso è occupato da kuffar (infedeli) e apostati ed è Dar al Harb, il territorio della guerra, e il nostro compito principale è convertire il Caucaso in Dar as Salam (la Casa della Pace), stabilendo la sharia e espellendo i kuffar. Dopo averli espulsi, dobbiamo riconquistare tutti i territori storici dei mussulmani, e queste frontiere sono al di là dei limiti del Caucaso”.
Il suo omologo, Ayman al Zawahiri, l’ideologo di Al Qaeda, scrisse la famosa fatua nel 1998, “ogni mussulmano che si trovi nelle condizioni di farlo, ha il dovere di uccidere personalmente gli americani, gli ebrei e i loro alleati, in qualsiasi paese dove sia possibile”. E cosi fino all’infinito. Cosi come mi sono permessa di segnalare spesso sul jihadismo, il nostro primo problema è che non leggiamo i loro testi.
Questo è il decalogo per capire il fenomeno totalitario più importante dai tempi del nazismo.
Primo, è pianetario, è bellico e la sua trincea è il mondo globale
Secondo, si alimenta di cause nazionali, pero non ci crede. Il suo fine è la Repubblica Islamica mondiale.
Terzo, non presenta organizzazioni clandestine al suo servizio, ma una filosofia generale che permette autonomia ai suoi seguaci, una specie di franchising del terrorismo
Quarto, si nutre di giovani di quartieri poveri,senza prospettiva né speranza, bisognosi di un senso nellavita
Quinto, mischia con perversa intelligenza epica, la religione e la nazione, in mondo da dare trascendenza sia terrenale che spirituale
Sesto, ha causato migliaia di morti in tutto il mondo
Settimo, la sua strategia è la destabilizzazione permanente
Ottavo, muove molti soldi
Nono, è minoritario nell’Islam, pero il suo movimento genera milioni di simpatizzanti
Decimo, usa il nome dell’Islam, però è il principale assassino di mussulmani in tutto il pianeta.
Questo fenomeno è quello che ha assassinato a decine di persone in India. E a Bali, a Gerusalemme, a New York, a Buenos Aires, e nello Yemen, e a Londra, e a Madrid...