Il western è un genere che viene dato per spacciato da decenni eppure, periodicamente, arriva qualcuno a rivisitarlo, e riesce a tirarne fuori qualcosa che fa rivivere sullo schermo la maestria e il respiro epico dei grandi classici. E’ successo con “Le tre sepolture” con “Quel treno per Yuma” e con “L’assassinio di Jesse James”, per citare solo i più recenti. E succede anche con questo splendido “Appaloosa” di Ed Harris che restituisce intatta a noi spettatori la grande avventura del West selvaggio, i paesaggi immensi dei quali ci siamo tutti innamorati, gli uomini tutti di un pezzo nei quali abbiamo sempre idealizzato le figure romantiche degli eroi.
“Appaloosa” è giustamente convenzionale nella trama e nelle caratterizzazioni: i due amici pistoleri, il cattivo e la sua banda, la vedova che si scoprirà decisamente consolabile, gli indiani, i tagliagole e tutti i personaggi di contorno si muovono in un contesto che abbiamo già visto più volte: Appaloosa, una cittadina del New Mexico, è la solita città senza legge nella quale i notabili decidono di assoldare due sceriffi di mestiere per frenare i soprusi di Randall Bragg (Jeremy Irons) , un ricco proprietario terriero che taglieggia la cittadina e permette ai suoi cowboys ogni sorta di illegalità. Così Virgil Cole (Ed Harris) ed Everett Hitch (Viggo Mortensen) ovvero la coppia di “buoni”, diventano i difensori della legge e dell’ordine, e lo faranno senza mezzi termini nonostante l’arrivo di una vedovella allegra (Renée Zellweger) che porterà scompiglio nel loro rapporto, e non solo in quello…
Se il quadro generale è ultraclassico, ciò che convince e appassiona è il modo con cui viene condotto il film: i dialoghi sono giustamente essenziali ma mai banali, e sempre giostrati con sottile e talora caustica ironia. La coppia Harris-Mortensen vive di vita propria con una recitazione straordinaria ed espressiva, sono perfetti e complementari, uno suggerisce all’altro, l’altro guida il compagno con decisione ma anche con affetto, tra battute sospese, sguardi che dicono tutto e sensibilità perfino insolita per un western ed estremamente moderna nei contenuti, persino nella rappresentazione di un universo femminile alquanto diverso dai canoni classici del genere. Come moderna è in fondo l’essenza del racconto, venata di autoironia e di sottile malinconia, tanto che alla fine del film quell’America così lontana nel tempo ci sembra attualissima e quella voce fuori campo che si perde nella luce del tramonto lascia la sensazione di essere stati lì anche noi, perduti in quegli immensi orizzonti, e senza fretta.
Globale ****