Quando oggi parliamo dell’udito, pensiamo subito al rumore, alla mancanza di silenzio (Enzo Bianchi da "Il pane di Ieri”)
Se ci si dimentica delle virtù taumaturgiche del silenzio, ci si dimentica anche il potere della musica
(Gino Castaldo da "Il buio, il fuoco, il desiderio”)
Ci manca il silenzio, siamo continuamente assediati dal rumore. La sera, quando spengo i miei mac, m’accorgo del ronzio sottile in cui stavo immerso tutto il giorno. Ronzii, fruscii, ticchettii, rombi soffocati, un tappeto di rumori. E spalmata sopra una marmellata sonora che qualcuno chiama musica. Nelle segreterie, negli ascensori, fra gli scaffali del supermercato, musica zerbino. Musica a fiumi limacciosi dall'internet, sottofondi orrendi ai siti web, e magari ad un numero verde, prima di parlare con qualcuno, ti sciroppi anche una cavalcata delle valchirie versione techno. Troppa musica. Per ripartire, intanto, ci vuole il silenzio, un silenzio vero. E dal silenzio, pochi suoni, che riacquistano significato. Il bel libro di Castaldo, centra il problema: la musica oggi è stanca, è difficile farla ripartire. Io credo che per cominciare abbiamo bisogno di molto silenzio, e dal silenzio far ripartire un pensiero, un desiderio, e da un desiderio, preziosa, una musica. Ma è come dopo una cena molto abbondante, al mattino, col mal di testa, non avrai fame se non dopo un lungo digiuno. La mia proposta è: sette giorni e sette notti senza rumori e senza musica e poi, forse, Moon in June di Robert Wyatt, per ricominciare.