Solo durante il mese di Gennaio, in Catalogna, circa 1.000 persone al giorno sono entrate in disoccupazione. Un totale di 32.525 nuovi disoccupati dall'inizio del 2009.
1.000 persone al giorno.
Si fa presto a dirlo, ma provate a immaginare che non è su scala nazionale, ma su scala regionale.
Su una popolazione attiva di circa 7 milioni di abitanti, la popolazione attiva catalana (quella in età lavorativa, quindi compresi tra i 16 e i 65 anni) è di 3.854.000 persone.
Di queste, quelle occupate sono 3.399.000 e quelle disoccupate sono 455.757 persone.
In percentuale, siamo già all'11% di disoccupazione.
Secondo l'Istituto Italiano di Statistica, intorno a quelle cifre c'è la Campania, sebbene altre fonti considerino ridicola quella cifra per la regione di Napoli.
Però la Catalogna non è la Campania spagnola, è la Lombardia spagnola.
Seconda regione più ricca della Spagna dopo Madrid, paragonabile alla Lombardia in termini di popolazione e di Pil per capita, la terra di Dalì, Josep Pla e Gaudí, era riuscita a mantenere l'impatto dell'onda di licenziamenti che sta spazzando la penisola. Finora.
A Gennaio, un mese storicamente di licenziamenti, la Catalogna ha registrato il maggior numero di richieste di sussidio di disoccupazione di tutta la Spagna.
Oggigiorno, la normativa spagnola prevede il 70% lordo dello stipendio degli ultimi 6 mesi, con un massimo di 1077 euro lordi al mese. Per quel che riguarda la durata, si ha diritto a 3 mesi di sussidio per ogni anno lavorato. Fino a un massimo di 24 mesi di assegno.
Se un lavoratore viene licenziato, deve aver lavorato otto anni continuativamente per poter percepire 24 mesi di sussidio. Indipendentemente dal tipo di contratto.
Non esistendo la cassa integrazione o la mobilità, il disoccupato ricade per intero sulla rete di copertura sociale a carico dello Stato.
E siamo solo a Gennaio. Non sorprende nessuno che il Governo preveda indebitarsi ben oltre il 3% fissato da Maastricht. Si parla del 6-8%.
Le previsioni spagnole parlano di 4-4,5 milioni di disoccupati quest'anno, il che vorrebbe dire intorno al 20% della popolazione attiva. Nessuno spera che si arrivi a quella cifra, ma sembra inevitabile.
Altrettanto inevitabile è che tra pochi mesi o tra poche settimane molti dei disoccupati spagnoli finiranno il loro periodo di sussidio, si ritroveranno senza lavoro e senza assegno di disoccupazione, con le conseguenti previsioni di scontri sociali.
Le prime vittime ci si aspetta che siano gli immigrati. Contro di loro si scaglia il prurito latente in ogni società. L'unica cosa buona è che i media non stanno cavalcando l'onda, ma il razzismo è una bestia che dorme: se lo accarezzi e si scatena, ne perdi in fretta il controllo.
perché per quanto uno si sforzi di leggere le grandi cifre, dietro ai numeri ci sono sempre persone, storie individuali e collettive che danno forma a una società.
Questa crisi, in Spagna, darà forma a una nuova società, speriamo migliore, più giusta, più efficiente, ma sicuramente diversa dall'euforica Spagna degli ultimi 10 anni.
Oggi in Spagna non è più così facile vivere.