Mentre la disoccupazione avanza ci chiedono di consumare di più per tenere in piedi il sistema; nessuno si è chiesto se consumiamo per produrre o produciamo per consumare. La piena occupazione in realtà è un problema semplice, ma è stato complicato. Secondo Keynes l'occupazione dipende dalla domanda, nella quale rientrano gli investimenti. La sua ricetta alla crisi è questa: un governo in deficit che investa per costruire ponti, infrastrutture e dare lavoro alla gente. Un'idea a prima vista arguta e funzionale, ma davvero pericolosa. Ora vi spiegherò perché. La politica economica keynesiana potrebbe effettivamente dare nuovo slancio alla produzione e l’effetto si moltiplicherebbe, le perdite del primo anno sarebbe presto recuperate gli anni a venire, con la tassazione derivante dalla maggiore produzione. Una scelta vietata dal tetto di Mastricht del 3%, ma che comunque potrebbe essere applicata in altri modi: ad esempio abbassando le tasse e incentivando i consumi e gli investimenti, quindi tutta la produzione, evitando al contempo di incentivare l'acquisto di prodotti esteri o che gli utili finiscano in risparmi. Voi direte: che cosa c’è di diabolico in tutto questo? Semplice: il debito. Ogni volta che si vuole dare slancio all'economia, si è costretti a farlo con l'apertura di nuove linee di credito. Se invece lo stato potesse emettere moneta, non vi sarebbe lo spauracchio del debito pubblico a frenare l'economia. Lo stato sarebbe capace di compensare l'emissione con le entrate (tasse) e garantire un giusto rapporto tra massa monetaria e produzione, generando euflazione (non deflazione, e nemmeno inflazione o perdita di potere di acquisto).
Un governo libero dal giogo bancario potrebbe fare questo e potrebbe proteggere la propria economia, particolarmente in un momento di crisi globale. Le aziende che da anni delocalizzano esportando milioni di posti di lavoro, là dove costa meno, potrebbero restare sul territorio, con l’adozione di una politica protezionistica di transizione. L’unica scelta, credetemi, se non si trova una forte collaborazione internazionale per riscrivere nuove regole per la finanza. Ma il risultato finale deve essere un libero mercato in cui il mercato sia libero, e lo è nella misura in cui si ha concorrenza e non monopolio o cartello, e nella misura in cui il senso etico è più forte dello stimolo a sfruttare il prossimo.
Cambiando la politica, si può cambiare l’economia. Ecco come si tiene in piedi il sistema.