ROMA — Presidente D'Alema, Berlusconi sembra la superstar della politica italiana, e il Pd, che fine ha fatto?
«Apparentemente sembra che Berlusconi occupi quasi per intero la scena della politica italiana e che un po' di fronda venga solo dall'in*terno dello stesso Pdl, in particola*re dalle personalità che si raccolgo*no intorno a Fini. E non c'è dubbio che Berlusconi cerchi in questo mo*mento di debolezza dell'opposizio*ne di allargare il suo insediamento non soltanto elettorale ma anche politico e culturale. Se però noi spingiamo lo sguardo oltre la cro*naca politica e l'indubbia capacità di Berlusconi di occupare la scena ogni giorno con una trovata nuo*va, la cosa che colpisce è che que*sto governo di fronte a una crisi co*sì drammatica non stia facendo as*solutamente nulla».
Fa propaganda elettorale, ono*revole D'Alema?
«No. Il governo galleggia sui pro*blemi del Paese senza affrontarne nessuno. Berlusconi è un uomo che ama il consenso. Preferisce re*gnare piuttosto che governare, da*to che governare l'Italia comporta il fatto di misurarsi con delle scelte che creano consensi ma, inevitabil*mente, anche dissensi. Nei 15 anni in cui è stato protagonista della vi*ta politica italiana non ha fatto nul*la di significativo. Non si ricorda una sua sola riforma importante. Le uniche riforme di un qualche si*gnificato, da quella delle pensioni alla privatizzazione delle grandi in*dustrie pubbliche, dalla riforma fe*deralista della Costituzione alle li*beralizzazioni, le ha fatte il centro*sinistra. E io credo che grazie a que*sto suo comportamento l'Italia pa*gherà un prezzo altissimo».
E il Pd intanto che fa?
«Ecco, il Pd non può non riparti*re da qui: dalla sfida con la destra sul governo del Paese. Il problema non è tanto fare il viso delle armi, come fa Di Pietro, che in questo senso è funzionale a Berlusconi. Se fai un versaccio al premier il risultato è che il 70 per cento sta con lui, solo il 10 con te, ma siccome Idv aveva il 4 loro sono contenti. Questa è una logica minoritaria. Significa scegliere per sé un ruolo eterno di com*primario, fare la spal*la a Berlusconi per i prossimi mille anni».
Ma Di Pietro vor*rebbe sostituirsi al Pd...
«Già, vede in noi più che in Berlusconi il suo avversario principale. La sua idea di sostituirci è del tutto vellei*taria, ma è pericoloso che in un mo*mento come questo si indichi co*me obiettivo principale quello di colpire il più grande partito d'oppo*sizione ».
Ma il Pd non dovrebbe ridefini*re il suo ruolo?
«E' per questo che ci vuole un congresso serio».
Anche a costo di dividersi?
«Dividersi non è drammatico. Al loro congresso i leader del Pdl si so*no divisi perché hanno detto cose diverse gli uni dagli altri. Un gran*de partito che vuole rappresentare il fulcro dell'alternativa di governo è un partito plurale, dove si discu*te, ma il problema non è questo, il problema è la qualità della discus*sione: non ci si può dividere sui gossip».
Un Pd «ridefinito» dovrà anche giocare la sfida delle riforme. Quali mandare in porto per pri*me?
«Innanzitutto ci vuole un drasti*co ridimensionamento dell’ipertro*fia del ceto politico. Se vogliamo re*stituire autorevolezza alla politica democratica dobbiamo puntare a una drastica riduzione del numero degli eletti a tutti i livelli: nel Parla*mento, nei consigli regionali, in quelli comunali. E' poi necessaria una rinnovata selezione del ceto politico. I meccanismi di selezione sono saltati: ci sono solo logiche plebiscitarie. I consigli comunali sono scelti dal sindaco, il Parlamen*to viene nominato da due, tre capi. Una forma di selezione è rappresen*tata dal collegio uninominale. Ma bisogna anche restituire ai partiti un loro profilo e una loro identità, uscendo dalla logica delle coalizio*ni forzose, perciò va tolto il premio di coalizione. In questo quadro io credo che si possa fare una grande riforma che preveda anche il raffor*zamento della stabilità dei governi con la sfiducia costruttiva e la pos*sibilità del premier di nominare e cambiare i ministri. Ma il fonda*mento di una riforma di questo ge*nere è una nuova legge elettorale, che secondo me deve essere di tipo tedesco. Senza una nuova legge elettorale non c'è nessuna riforma costituzionale possibile».
Tornando al Congresso, la scel*ta del segretario avverrà come l'al*tra volta: un candidato vero e tut*ti gli altri «finti »?
«Io penso che sarà un congresso competitivo, che ci saranno più candidature e che ci sarà una di*scussione politica».
E crede che il Pd decollerà al*meno questa volta?
«Il Pd deve rivendicare l'eredità dell'Ulivo e l'esperienza di gover*no. Bisogna costruire un partito ve*ro, radicato nella società, e struttu*rare una leadership. Lo stesso Ber*lusconi sa che senza Bossi, Fini e gli altri la sua leadership sarebbe più debole. Insomma, il progetto va rilanciato su basi assai più soli*de ».