ma come si fa a passare sopra a Genchi, alle sentenze che dan ragione a De Magistris e pubblicare sta spazzatura?
Sembra studio luce..
Il personaggio
Don Verzé: il premier soffre,
la moglie torni indietro
Il fondatore del San Raffaele: lei è una donna intransigente. Le accuse a Silvio? Disgustose
Don Luigi Maria Verzé, fondatore dell’Ospedale
Don Luigi Maria Verzé, fondatore dell’Ospedale
ROMA — «Le rispondo perché mi sembrerebbe egoismo non farlo. Il bene che Silvio Berlusconi sta facendo al nostro Paese non può lasciare indifferenti a questa nuova sofferenza che so così acre». Don Luigi Maria Verzé, 89 anni portati gagliardamente, difende l'«amico Silvio» e invita Veronica «a fermarsi» e fare un passo indietro: «La conosco meno, ma abbastanza per capirla: con l'amore, però, si può superare tutto, ogni dolore e controversia e gelosia... Alle esagerazioni dette contro suo marito risponda con un'esagerazione d'amore». Magari l'amore non c'è più, e da tutte e due le parti, no? «Eh, se non c'è bisogna cercarlo! Ci sono di mezzo i figli, e l'amore che ha fatto dei figli è incancellabile».
Il fondatore del San Raffaele ha buoni rapporti con la famiglia. Il premier è stato suo paziente e sono amici da anni (anche se Don Luigi ama stuzzicarlo: «È un generoso, Silvio, e accorto sui soldi...»), la stessa figlia Barbara si è laureata in Filosofia nella sua università e nei giorni scorsi, incinta al settimo mese, è andata a fare dei controlli nel suo ospedale, accompagnata dalla madre. «Io lo so, Silvio è pronto al perdono perché fa parte della sua istintiva bontà». Perdono? Ma la faccenda delle veline, e Noemi, e «papi»? Don Verzé non si scompone: «Vede, io vivo in mezzo alla gente. E la gente capisce molto più Berlusconi che non la moglie. La gente sta tutta con lui. È una donna intransigente, Veronica. Ma c'è una grande esagerazione, intorno a Silvio, naturalmente motivata perché lui tende ad essere un espansivo, anche se meno di quanto si immagini. È un istintivo, gli piace darsi senza equivoci. Un giorno gli feci una piccola raccomandazione e lui mi rassicurò: "Stai tranquillo, c'è molta chiacchiera". Io gli credo: non poteva tradirmi più di tanto». Così la faccenda di Noemi, ne è sicuro, «è tutta una montatura, anche lei poverina è vittima del chiacchiericcio».
E l'accusa di frequentare minorenni? Don Verzé, qui, si accalora: «Ma andiamo, non è vero, è una cosa talmente esagerata e disgustosa che non ci crede nessuno, via!». Poi fa una pausa e in apparenza, ma solo in apparenza, cambia discorso: «Quanto ho cercato lady Veronica accanto a Silvio tra le ceneri d'Abruzzo, a distribuire carezze e promesse!». Prego? «È andata con lui a salutare Bush, perché non essere presente in una simile catastrofe? Una first lady dev'essere vicina al marito, specie nei momenti più importanti. Ma forse le cose erano già arrivate al punto di rottura e in lei ha vinto il sentimento personale». Don Verzé la vede così, qui starebbe l'«incomprensione» di Veronica: «Per uomini come Berlusconi non bastano i beni, neppure la famiglia naturale. Un uomo come Silvio ama il suo Paese, lo ha dimostrato con la sua dedizione, ed è chiaro che per lui il Paese venga prima di tutto, anche della famiglia. Pure per me il San Raffaele viene prima di tutto, anche delle cose più intime. Da sacerdote, vorrei aiutare Veronica e incoraggiarla: mi creda, tutto può perdere, e poco guadagnare da un divorzio. Ho tanta fiducia in lei: se si ferma, potrà far guadagnare noi italiani e il Paese. Eviterà il rischio di danneggiarlo. Se voleva dargli una lezione lo ha fatto, ora non è il caso di perseverare nell'acredine». Ma che doveva fare, la signora Veronica? «La Veronica del Vangelo non poté far altro che detergere in silenzio il sudore e il sangue del Figlio di Dio carico di croce dell'amore: solo per questo non sarà dimenticata». Un parallelo ardito... «Diciamo che Silvio porta la sua croce!». Scusi, non è che lo stesso Berlusconi dovrebbe cambiare comportamento? Lei, don Verzé, che gli direbbe? «So che lui è molto addolorato, molto. Per Silvio questa faccenda è stata una sofferenza atroce. Non c'è davvero bisogno di fargli la predica».
Gian Guido Vecchi