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Discussione: Ciao Nanda Pivano

  1. #1

    Ciao Nanda Pivano

    eri, 18 agosto se n'è andata, a 92 anni, Fernanda Pivano.
    Su di lei -cero meglio di me - scriveranno altri, io mi limito a riportare qui una delle sue pagine secondo me più belle.
    Si trarra della Prefazione a Poesia degli ultimi americani, scritta nel Marzo 1995.
    Buona lettura.

    Era il 1964 quando, dopo alterne vicende, uscì la prima volta questa raccolta di poesie. Gli animi erano incandescenti, i giovani sognavano ancora di far finire per sempre le guerre, i ragazzi ascoltavano con gli occhi sbarrati le proposte che arrivavano da lontano di vivere in una società dentro la società dove non si credesse più al potere del denaro, si rifiutasse in una volontaria povertà il benessere, si superassero tutte le barriere e si raggiungessero tutte le liberazioni, quella sessuale, quella razziale, quella omosessuale, quella della donna: il sogno - più tardi si sarebbe chiamata l'utopia - che finisse l'odio, che finisse il male, che finisse la corruzione, che finisse la violenza in un'esistenza libera da confini nazionalistici, da lotte di classe, da competizioni e da rabbia, da pregiudizi e da ipocrisie.
    Si sognava inermi fumando quel po' di marijuana innocente, uno spinello diviso in una decina di ragazzi a gambe incrociate e intanto i Signori della Guerra lanciavano la bomba atomica in Cina una settimana dopo la firma del trattato antinucleare e si accingevano ad allagare il mondo di sangue per guerre nazionalistiche, religiose, politiche sempre più fanatiche e spietate, mentre le istituzioni erano sempre più inghiottite da ruberia e brigantaggio e la mafia sorniona elargiva dal suo Vaso di Pandora corruzioni sempre più perverse.
    Nella devastazione generale, nel neomaterialismo di Eisenhower col suo sottoprodotto del neofascismo di Joseph McCarthy, furono i giovani a invocare con la poesia una via di salvezza denunciando in una protesta meravigliosamente incruenta, un dissenso basato su tecniche di non violenza, i pericoli che incombevano sulle anime delle dolci vittime di una tecnocrazia asservita al capitale e da una alienazione indistricabile dalla manipolazione del pensiero esercitata dai mass media asserviti alla politica o al consumismo.
    Queste poesie che venivano lette in reading appassionati (più tardi si sarebbe detto illusi) le abbiamo raccolte e per anni i ragazzi dell'autostop le hanno portate con sé nel sacco a pelo insieme agli altri simboli della società dentro la società, Sulla strada di Kerouac o Howl di Ginsberg. Contenevano versi liberi, haikus, chorus, e citavano Moby Dick, o cantavano inni in onore di Marilyn Monroe, o urlavano la famosa immortale protesta di Gregory Corso nella Lettera d'amore alla bomba che dileggiava gli uomini intenti a mostrare tanto odio per la bomba e non per le innumerevoli orribili violenze quotidiane perpetrate dall'uomo o dal dal destino senza suscitare stupore o protesta da nessuno.
    Chissà se queste poesie sono datate. Quei sogni, quelle utopie sono stati travolti dal terrorismo; ma i giovani raccolti in frange minoritarie che non picchiano gli extracomunitari, non stuprano le ragazze, non uccidono i compagni negli stadi indossando questa o quella nostalgica uniforme, non si nascondono sotto la retorica religiosa, queste poesie le leggono di nuovo, come allora, come ai tempi del sacco a pelo, anche se sanno che quei tempi non torneranno più, che quei sogni sono finiti per sempre: le leggono perché cercano qualche traccia di quella meravigliosa speranza, inafferrabile dea, immortale bellezza che è sempre stata e sarà sempre la libertà.
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    Io credo nelle persone, però non nella maggioranza delle persone.
    Mi sa che, anche in una società più decente di questa, mi troverò sempre a mio agio e d'accordo con una minoranza (Nanni Moretti)

  2. #2
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