Tutti abbiamo assistito alle recenti manifestazioni a favore della libertà di stampa in cui si sono sprecate parole e paroloni sulla deriva “fascista” del nostro paese e a come si vorrebbe impedire ai poveri giornalisti di esprimere la loro opinione. In realtà dai tempi mussoliniani della stampa imbavagliata sarebbero passati 60 anni, hanno osservato alcuni, ma altri - perlopiù da sinistra - hanno ribattuto che non può considerarsi libero un paese in cui c’è chi minaccia querele milionarie ai giornali, che rischierebbero così il fallimento.
Chiaro il riferimento a Berlusconi e all’incarico da lui dato ai suoi legali di tutelarlo in caso di diffamazione a mezzo stampa da parte degli organi d’informazione nazionali ed esteri. Chiaro, lampante e anche giustificato, come noi stessi avemmo modo di sottolineare, specificando che l’iniziativa del Premier ci era parso un evidente autogol.
Ciononostante avevamo aggiunto che ritenere che in Italia si fosse ridotto lo spazio di libertà fosse un concetto risibile, stante il fatto che i giornali continuano a pubblicare ciò che vogliono e che esistono spazi informativi in prima serata tv che picchiano duro senza grossi problemi (anche qui giustamente) come Annozero, Report, Ballarò e compagnia.
Sbagliavamo. Oggi il Giornale ha infatti buon gioco nel titolare a tutta pagina sulla querela subita da parte del “Lider Massimo” D’Alema per la pubblicazione degli atti processuali nell’affaire della malasanità pugliese e per il giro di presunte escort che ruotava intorno al suo così definito “clan”. La notizia non è nuova (l’articolo incriminato “Tutte le escort del clan D’Alema” è di fine giugno) e anche noi ne avevamo parlato all’epoca. La novità piuttosto è il vessillo della libertà minacciata innalzato dal centrosinistra proprio a causa delle possibili querele.
E allora che dire? Che avevo torto io, mentre aveva proprio ragione il centrosinistra che manifestava: in Italia la libertà di stampa è gravemente minacciata.