«È difficile insegnare qualcosa ai bambini quando muoiono di fame. Anche restare seduti al banco diventa difficile» racconta la maestra al New York Times. Molti alunni frequentavano le lezioni per poche ore a causa della scarsa nutrizione: almeno 15 su 50 abbandonavano dopo appena un’ora. E non c’era solamente la fame dei bambini. Lo stipendio della maestra era appena sufficiente per acquistare un chilo di riso.
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Il denaro non era sufficiente per sopravvivere e così alla fine l’insegnante si è dovuta arrendere all’inevitabile: far abbandonare la scuola alla figlia per farle trovare un lavoro per mettere insieme qualche soldo in più. Lasciato l’insegnamento, la maestra è vissuta per anni di espedienti vendendo noodles in uno dei mercati della città, ma gli affari non andavano molto bene. Dai noodles è così passata al mercato nero dei beni calmierati dallo stato come i pinoli e frutti di bosco. Ma lo scorso ottobre a un checkpoint una guardia ha confiscato alla ex maestra la merce, lasciandola con un debito di oltre 300 dollari.
Dopo esser rimasta senza un soldo, la donna ha deciso di abbandonare la Corea del Nord. Una notte si è così tuffata nelle acque gelate del fiume Tumen e con non poche difficoltà ha raggiunto la Cina. Affamata, zuppa d’acqua e con il terrore di esser scoperta dalle guardie sul confine, l’ex maestra ha infine trovato il coraggio di bussare a una porta per chiedere aiuto. Poco tempo dopo la donna si è potuta ricongiungere con alcuni parenti già in Cina.
La vita per l’ex maestra vissuta per anni nella fame è cambiata notevolmente. Il cibo fortunatamente non manca, ma il desiderio di mangiare a volte sì. Oltre il confine, la donna ha lasciato molti affetti e i propri figli con i quali non può mettersi più in contatto.
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Gli abitanti della Corea del Nord che non hanno mai attraversato il confine non hanno la possibilità di comprendere del tutto le loro tribolazioni. Non c’è Internet. I televisori e le radio possono captare solo i canali statali.
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Il regime cerca di limitare il più possibile le contaminazioni culturali dall’esterno nel timore che la popolazione venga a conoscenza di stili di vita e condizioni migliori e si rivolti. Lo scorso anno, un uomo è stato condannato a sei mesi di prigionia in un campo di lavoro per aver visto un film con Jackie Chan.