Originariamente inviato da magnus
A differenza del cane, il gatto non usa la lingua come una sorta di cucchiaio con cui raccogliere acqua o latte per poi portarli alla bocca. Qui la fisica in gioco è ancora più complessa, ed ha a che fare con un preciso equilibrio di forze.
In dettaglio: con il muso rivolto verso il basso, il gatto estende la lingua verso la superficie del liquido da bere, incurvandola leggermente nell’ultimo tratto inmodo che assuma una forma a J. La lingua non penetra mai nell’acqua o nel latte, ma si limita a sfiorarne la superficie con la porzione dorsale del tratto ricurvo, al quale il liquido stesso rimane adeso. Così, quando la lingua risale verso l’alto, finisce con il portarsi dietro una colonna di liquido, che viene imprigionata in bocca appena prima di spezzarsi.
Sappiamo tutti – o almeno tutti coloro che sono stati leccati da un gatto – che la lingua del piccolo felino domestico è molto ruvida e si potrebbe pensare che le minutissime strutture anatomiche responsabili di questa ruvidezza siano coinvolte nel fenomeno, ma non è così: a entrare in contatto con l’acqua è solo la punta della lingua, che è priva di queste strutture ed è molto liscia.
Da una parte c’è la forza di gravità, che tende a tirare la colonna di liquido verso il basso, cioè verso la ciotola. Dall’altra l’inerzia, cioè la tendenza della colonna di liquido a seguire una forza che stia agendo su di essa, come la forza di trazione esercitata dalla lingua verso l’alto, cioè verso la bocca. A lungo andare prevale la gravità, ma c’è un intervallo di tempo in cui l’inerzia è sufficiente a far arrivare acqua o latte alla bocca del gatto. Ed è proprio l’equilibrio tra queste due forze a determinare la frequenza con cui il gatto lecca il liquido.