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  1. #1
    Utente di HTML.it L'avatar di sylvaticus
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    Storia di Anna Rosa uccisa due volte in cinque anni

    Questo non e' passto al tg1:

    http://www3.lastampa.it/cronache/sez...o/lstp/379536/


    Ieri i funerali della donna
    che sopravvisse a 15 coltellate
    nel 2005. L’ex convivente, a casa dopo soli 2 anni, lasciato libero
    di ucciderla
    MICHELE BRAMBILLA

    INVIATO A MATERA
    Ieri nella piccola e stracolma chiesa di San Rocco a Matera è stato celebrato un funerale annunciato cinque anni fa. Anna Rosa Fontana, 38 anni, è morta martedì sera, colpita dal suo ex convivente Paolo Chieco, 53 anni, con sei coltellate. Ma aveva cominciato a morire il 13 luglio del 2005, quando lo stesso Chieco, nello stesso punto – l’ingresso di casa di lei – aveva cercato di ammazzarla con quindici coltellate, non riuscendovi solo perché i soccorsi erano stati rapidi e l’ospedale a un passo. Tra le quindici coltellate di allora e le sei di martedì sono trascorsi cinque anni di benevola giustizia per il carnefice e di indicibile incubo per la vittima. Cinque anni di molestie, minacce, vane denunce.

    Molto – forse troppo – spesso noi giornalisti usiamo l’espressione «cronaca di una morte annunciata», ma se c’è una volta in cui queste parole non sono né retoriche né esagerate è proprio questa. Quel che è successo a Matera in questi giorni, anzi in questi cinque anni, ha dell’incredibile, così come è incredibile che la vicenda sia scivolata via, quasi del tutto ignorata, da un media system tanto avido di storiacce di sangue e, a parole, tanto attento ai diritti delle donne.

    Forse perché è successo a Matera, e non in una grande città? Chissà. Eppure, anche se non è stata ritenuta degna di un paio di colonne sui giornali, questa è una storia che purtroppo non riguarda solo la povera donna che ieri è stata accompagnata al camposanto da una città incredula. Quante Anna Rosa Fontana ci sono in Italia? Quante donne vivono nel terrore di veder apparire l’uomo che non si è rassegnato all’abbandono? L’uomo che in modo tanto perverso intende la promessa «per sempre»? L’uomo che cede «alla tentazione tanto diffusa – ha detto ieri don Angelo alla messa funebre – di risolvere un problema con la violenza?».

    Anna Rosa Fontana non aveva avuto una vita fortunata. Il primo matrimonio era finito con una separazione. Le erano rimasti due figli maschi, che oggi hanno 17 e 12 anni. Poi aveva conosciuto Paolo Chieco, un manovale, ex macellaio. Avevano avuto una bambina, che oggi ha sei anni e probabilmente ancora non sa quanto malvagio sia stato il destino con lei.

    Anna Rosa e Paolo si erano lasciati. O meglio lei aveva messo fine al rapporto, e lui non si era rassegnato. Il 13 luglio del 2005, in via Lucana 333, lui l’aveva aspettata e colpita con quindici coltellate al collo, al torace, alla pancia. L’aveva colpita alla presenza del figlio maschio più piccolo di lei, che allora aveva sette anni. Era rimasta una striscia di sangue dal portone fino all’ingresso dell’appartamento di Anna Rosa, al primo piano. Lui aveva chiamato il 113: «Ho ammazzato la mia convivente, vi aspetto». Ma Anna Rosa si salvò e visto com’era ridotta verrebbe da dire «per miracolo»: e se davvero si trattò di un intervento della bontà divina, era destinato a essere vanificato cinque anni più tardi dalla malvagità umana.

    Il 15 luglio 2005, interrogato dal giudice, Paolo Chieco fa mettere a verbale la sua concezione dell’indissolubilità dell’amore: «In quel momento sono andato un’altra volta in macchina perché mi era venuta una furia di sangue, ho visto un coltello che si è trovato quando mi sono sloggiato di casa, l’ho visto, l’ho preso, sono andato un’altra volta e le ho dato con il coltello, però il portone era aperto, non ho forzato nessun portone. Ho cominciato a dare il primo colpo alla pancia, qua, affianca qua, però lei gridava sempre “Ti amo, ti amo, non mi colpire”… Io dicevo: “Non ci credo, come hai fatto le altre volte che hai detto tutte le bugie e sei ricorsa subito in Questura…” Lei disse: “No, questa volta…”, però io non la voleva ammazzare». Il giudice gli chiede se si ricorda quanti colpi le ha dato e lui risponde: «Non mi ricordo, in quel momento non pensavo più a niente… Il bambino gridava soltanto, diceva “Non lo fare, non lo fare”, però il bambino dopo non l’ho visto più». Il giudice domanda se si rende conto che con quel coltello – 33 centimentri di lama – la poteva uccidere. Chieco risponde: «In quel momento, adesso mi sto rendendo conto dello sbaglio che ho fatto». Il giudice gli chiede anche se non ha pensato alla loro bambina. Lui: «Sì che mi rendo conto. Io avevo detto a lei: “Vedi che io voglio vedere la bambina perché la bambina mi è entrata dentro al…”». A quel punto la deposizione si interrompe, il verbalizzante annota che l’indagato sta piangendo.

    Il 7 novembre 2006 il giudice determina la pena in 12 anni e 6 mesi, ma per effetto del rito abbreviato c’è subito una riduzione: 8 anni e 4 mesi. In carcere però Chieco resta poco. Gli vengono presto concessi gli arresti domiciliari. Sapete che cosa vuol dire? Che un condannato sta a casa sua invece che in galera. E sapete dov’è la casa di Chieco? A trecento metri da quella di Anna Rosa Fontana. La giustizia italiana ha deciso che poteva stare lì. Dal 2007 solo trecento metri separano accoltellatore da accoltellata. Comincia, per Anna Rosa, un tormento che la uccide lentamente, giorno dopo giorno, ora dopo ora.

    Il 28 settembre 2008 c’è il processo d’appello. All’imputato vengono concesse quelle attenuanti che si chiamano «generiche» e la pena viene ridotta a sei anni. Comunque troppi, per una giustizia così sollecita nel non deludere i garantisti. Anche per l’effetto dell’indulto del 2006, Chieco torna definitivamente libero nel 2009. In totale le quindici coltellate a una mamma in compagnia del suo bambino gli sono costate un paio d’anni di cella e uno abbondante di arresti domiciliari.

    Libero, definitivamente libero. Libero anche di andare a suonare il campanello all’uscio di Anna Rosa, e non solo di spiarla con il binocolo come faceva quando pativa la terribile punizione degli arresti domiciliari. Lei si era accorta, di essere spiata. Aveva avvisato la polizia, che era andata in casa di Chieco e aveva sequestrato il binocolo. Su questo tipo di indiscreta «osservazione» hanno costruito dei film dell’orrore. Ecco, Anna Rosa Fontana ha interpretato un film dell’orrore per almeno tre anni, da quando il suo ex convivente è uscito di galera.

    Lei accumula denunce su denunce, alla fine ha quasi timore di essere scambiata per pazza. Il 21 settembre va dal giudice e supplica: mi molesta continuamente, non ce la faccio più. Il 1˚ ottobre lui finge di invitarla a cena a Montescaglioso. La porta in una stradina sperduta, le stringe una corda al collo e la porta sul ciglio di un burrone. All’1,18 – ormai è il 2 ottobre, notte – Anna Rosa cerca di mandare un sms alla mamma. Non riesce neppure a concluderlo: «Mamma mi sta uccidendo, ora mi porta nel». All’1,40 riesce a mandare un sms al figlio Antonio: «Mi sta uccidendo corda al collo mi ha portato di forza nella tavernetta per paura che chiamo i carabinieri mi stava but nel burrone come devo fare».

    Il 7 ottobre Anna Rosa va dai carabinieri che verbalizzano così la sua denuncia: «Con aria minacciosa e sotto la pioggia, mi intimava di dargli il cellulare, poi prendeva la mia borsetta e la buttava lontano da me. Poi apriva il bauletto dello scooter e vi prendeva un paio di guanti neri, o comunque di colore scuro, ed una corda bianca. Mentre si infilava i guanti mi diceva: “Comincia a pregare perché per te oggi è finita”. Io ero tremendamente impaurita e lo scongiuravo di non farmi del male perché vedevo il suo sguardo perso nel nulla. Era lo stesso che aveva quando nel 2005 mi aveva inferto ben 15 coltellate dopo avermi appostato nel portone di casa di mia madre». Anna Rosa riferisce ai carabinieri che Paolo le diceva: «Niente a me e niente a nessuno. Ti farò morire lentamente. Questa sera per te è finita. Allora, sei pronta vuoi dire le ultime preghiere? Stai diventando nera, stai morendo».

    Così si conclude la denuncia della donna di quel 7 ottobre scorso: «La sottoscritta Anna Rosa Fontana è costretta a tutelare la sua incolumità e chiede che si voglia accertare la responsabilità del sig. Chieco Paolo, ravvisabili nei fatti narrati, individuandolo come autore del tentativo di omicidio, del sequestro di persona e dei numerosi appostamenti sotto la mia abitazione che evidenziano il reato di stalking». Precisa che dopo quel 1˚ ottobre è stata minacciata anche i giorni 4, 5 e 6 ottobre: pure pubblicamente, con urla in mezzo alla strada.

    I carabinieri trasmettono la querela alla magistratura ma il giudice, di tutti i reati indicati, si sofferma sul più lieve: stalking. Lieve, per non dire altro, è anche la punizione: il 3 novembre Paolo Chieco riceve l’ordine di non avvicinarsi all’abitazione di Anna Rosa Fontana. Lunedì 6 dicembre lei telefona alla mamma: «Ho paura. Mi chiudo nel portone per nascondermi». Il giorno dopo Paolo Chieco uccide Anna Rosa Fontana proprio su quel portone, esattamente dove aveva cercato di ammazzarla cinque anni fa. Anche questa volta la donna è con uno dei suoi figli: è il più grande, quello di 17 anni. Le prime due coltellate Chieco le vibra sul collo, dicono che l’ha quasi decapitata. Le altre quattro alla schiena e sul fianco.

    Ora Paolo Chieco è in carcere: il pm e il giudice sono due donne, le stesse che gli avevano ordinato di stare alla larga da Anna Rosa Fontana.
    <<contro i gas serra, spero più nelle nuove tecnologie pulite che nelle conferenze internazionali>>
    -- Steven Chu

  2. #2

    Re: Storia di Anna Rosa uccisa due volte in cinque anni

    Originariamente inviato da sylvaticus
    Questo non e' passto al tg1:

    ...
    capisco che non frequenti tanto ot e magari non ne sei al corrente, ma cerchiamo di fare in modo che i thread non siano semplicemente un copia e incolla stile ansa, ma un sunto dell'articolo, il link alla fonte e un commento/punto di vista di chi l'ha aperto in modo da far partire la discussione

    questo lo chiudo, lo puoi riaprire correggendo il tiro

    grazie

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